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Sicilia

Abbazia Santa Anastasia

 

Collocata tra Cafalù e Castelbuono, dominato da un massiccio castello del 1300, chiamata all'origine "castello del buon aere", da cui derivò poi il nome della bella cittadina, ancora oggi è un prezioso scrigno di tesori architettonici e artistici.

Prendere una terra abbandonata, inselvatichita, e riportarla agli antichi splendori. Storici, culturali, naturalistici. Senza violenza o stravolgimento, ma riassettandone l'aspetto scapigliato, riportando in vita antiche strutture, ripopolandola di uomini motivati e di iniziative. Conservandone indole e personalità.

È quanto è successo all'Abbazia Santa Anastasia, in località omonima, a otto chilometri da Castelbuono, nell'entroterra montuoso di Cefalù ma con il mare a fare da orizzonte azzurro. Quel che era un luogo santo, che il tempo e l'abbandono hanno provveduto inevitabilmente a degradare, è diventato,da qualche tempo un'oasi di fascino, dove poter soggiornare in un'atmosfera semplice e sofisticata al tempo stesso, come "indossare" abiti, ruoli e ambienti della florida aristocrazia siciliana d'altri tempi, festosa e severa.

Bisogna fare qualche passo indietro nel tempo per capire meglio quello che oggi possiamo avere in questo angolo defilato e selvaggio, nel senso migliore del termine, che si trova a un'ora d'auto da Palermo. Angolo con le spalle protette dalle cime alte e spesso lucide di neve e sole delle Madonie ma con lo sguardo che si spinge facilmente fino alle isole Eolie, nel mare oltre la costa nord della Sicilia, dove la luce è ugualmente abbagliante. Tutt'intorno olivi contorti che si mescolano a querce da sughero, boschi di essenze mediterranee, di carrubo e di mandorli che si alternano a campi di fiori selvatici; colori e profumi forti, in ogni stagione.

Su un colle panoramico, tra vigne ordinate, Abbazia Santa Anastasia, con il suo borgo, che vanta un migliaio d'anni di storia. Edificio religioso e case furono costruiti intorno all'anno 1100 dal gran conte Ruggero d'Altavilla, condottiero normanno che impiegò 30 anni per conquistare la Sicilia, Malta e Pantelleria e che qui seppe creare uno dei suoi avamposti più attivi. Per faccende di transiti e commerci ma anche perché ammaliato dal fascino dei luoghi.

Ai normanni guerrieri successero i benedettini religiosi che, fedeli alla regola dell'oro et laboro, prega e lavora, ampliarono le attività di culto e quelle agricole, piantando olivi e vigne e ridisegnando il paesaggio, rendendolo più dolce, in contrasto con i crinali delle montagne che sembrano rincorrersi nel blu intenso del cielo. A lungo i monaci dominarono su ambiente e natura, su ragioni sociali e, naturalmente, religiose, servendo con i loro prodotti mense e cantine di vescovi e baroni. Fin quando venne fondata, intorno al 1300, la cittadina di Calstelbuono e iniziarono, con le locali autorità d'allora, contrasti e pressioni, probabilmente anche sullo sfruttamento stesso dei terreni. Così i monaci-contadini se ne andarono e tutto cadde in rovina. Per decenni, per secoli, con continui cambi di proprietà e altrettanti rapidi abbandoni, perché la terra è tanta, 400 ettari, le case sono rotte, i campi difficili da coltivare e la vegetazione ricopre in un giorno quel che l'uomo ha lasciato solo in una notte.

Intorno al 1980 passa in queste contrade svuotate Francesco Lena, ingegnere e imprenditore edile. Uomo energico, deciso. Si guarda intorno e s'innamora, sogna. Niente villaggi turistici "vista mare-monti", niente lottizzazioni, niente terrapieni, cave o altro. Ma l'idea di riportare il borgo agli antichi splendori e ridare vita alla campagna intorno, riprendendo le antiche coltivazioni, allevando cavalli, la sua grande passione, con l'aspirazione di condividerla con altre persone desiderose di "ritrovarsi" nella natura incontaminata e, in senso più lato, di scoprire un tassello di Sicilia poco conosciuto.

Oggi l’antico convento è disponibile per chiunque voglia godere la natura, in particolar modo la terra antica sana, mai inquinata, con l'aria fresca che scende dalle montagne e la brezza calda che sale dal mare, sotto la mano calda del sole: al suo interno c’è un relais a 5 stelle. La felice prigionia una volta entrati, il desiderio di rimanere in quella terra e tra quella natura senza mai allontanarsi, è incentivata anche da "La Corte dell'Abate", un altrettanto raffinato ristorante interno dove i palati più esperti e più curiosi trovano soddisfazione estrema. A far da regina è la cucina siciliana, tradizionale o magistralmente modificata quando si vuoi mangiare più leggero, senza che questo ne modifichi i colori, i sapori e i profumi.


Come arrivarci: contrada Santa Anastasia, Castelbuono (PA)


Articolo tratto da "Franco Faggiani, una natura di gran classe, Ulisse la rivista di bordo dell’Alitalia, febbraio 2006"


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