Pensiero Meridiano

Annus Horribilis

di Antonio Casolaro

Non ho mutuato il titolo di queste considerazioni dall’ottimo libro del compianto G. Bocca, che pur lessi ed apprezzai, ma al significato proprio delle parole latine facilmente traducibili. Aggiungo ricordando ancora Bocca, il quale quasi mai individuò nel dispiegarsi del divenire del “Belpaese” momenti positivi, pervasi come dire di ottimismo, che nel libro citato concluse viceversa con una nota di speranza che trasse dal movimento del popolo viola che proprio in quel periodo fece sentire la propria voce e la propria presenza, tentando di contrapporsi “alle imprese” del “banana”.

L’anno che di qui a pochi giorni chiude i battenti è stato veramente orrendo, orribile, e lo scoppio d’ira che agricoltori, camionisti, piccoli commercianti, disoccupati senza futuro hanno prodotto sorretti da una sorta di “alba dorata” nella versione italiana costituisce il risultato di quello che è avvenuto durante l’anno.

Se è possibile rappresentare con una metafora quanto sta avvenendo in questo scorcio d’anno nelle strade di mezz’Italia si potrebbe dire che la crisi è tremenda ed il movimento dei “forconi” è il suo profeta.

Non è dato sapere sulla base delle previsioni, sovente contraddette da fatti nuovi o proiezioni di elementi considerati nel loro svolgimento positivi e che invece alla fine si presentano contraddittori se non proprio negativi, come continuerà l’andamento della crisi.

Il liberismo ha continuato ad imperversare e ad imporre attraverso le grandi organizzazioni mondiali quali il FMI, la BM e la BCE i suoi postulati. Le articolazioni dirette e gli organismi da esse derivanti a cominciare dalla Commissione Europea, la quale è una se non forse la principale istituzione dell’Unione Europea per l’attuazione delle sue politiche, hanno continuato ad imporre rigidamente i dettami monetaristi o paramonetaristi con la Germania, che di fatto svolge il ruolo di regista e rigido controllore dell’applicazione di quei comandamenti.

In questo quadro i paesi più deboli e tra questi il nostro hanno rischiato e continuano ancora a rischiare di andare letteralmente a gambe a quarantotto. C’è un’antinomia in questa politica, una contraddizione insolubile ed è l’incompatibilità che deriva tra il seguire le ricette cosiddette monetariste ossia quelle proposte ed imposte come già osservato dal FMI, dalla BM e dalla BCE e la necessità di riaprire i cordoni della borsa pubblica.

Alle constatazioni di cui sopra facilmente riscontrabili, attraverso come dire una lettura a volo delle condizioni in cui versa il paese se ne aggiunge un’altra, che alla stregua di quanto è avvenuto si può dire che costituisca, come apprendemmo tanti anni fa, la contraddizione principale e che nella fattispecie è il tempo.

In breve bisogna fare presto perché un paese che presenta tassi di povertà, di disoccupazione, di diminuzione cronica della capacità produttiva dovuta in primo luogo al mancato rinnovo del cosa, del come e del quanto produrre, tutte variabili strettamente connesse all’invecchiamento specialmente del secondario produttivo per l’incapacità od anche la scelta di non ammodernare l’economia reale perché da una parte si è scelta la strada della finanziarizzazione della stessa e dall’altra quella di trasferire in altri paesi interi settori industriali, rischia dall’oggi al domani il pericolo dell’avventura, accentuata questa ipotesi dalla illegalità di massa, da una illegalità cioè che controlla ed opera in quasi tutto il territorio del paese ormai. Elementi quelli accennati che hanno concorso e concorrono ulteriormente alla costruzione dello sconforto collettivo, come lo ha chiamato il 9 dicembre il prof.De Rita del Censis.

E la vittoria di Renzi è la prova di quella richiesta pressante di una parte del paese che va ad aggiungersi a quella già espressasi attraverso il movimento 5stelle. La classe dirigente della seconda repubblica conta ormai quanto il due di briscole con l’eccezione forse del “banana” che ha ancora margini di interlocuzione tra l’enorme massa dei cd arrabbiati delle tasse, della burocrazia, dello Stato che non c’è come avviene nella scuola, nella sanità, nella giustizia, nel sistema pensionistico, nei trasporti, nella spaventosa massa di mezzi che il bilancio pubblico stanzia per servizi talvolta inutili ovvero inefficaci ed inefficienti e quindi controproduttivi – si pensi per esempio al settore della formazione -

Tutto ciò significa a mio parere che Renzi ha poco tempo a disposizione perché da una parte chi lo ha scelto ha visto in lui il decisionista, una figura peraltro che egli stesso si è accreditato a cominciare giustamente dalla necessità di procedere alla rottamazione del ceto dirigente degli ultimi vent’anni (forse ?) fino al politico capace di rimboccarsi le maniche e procedere in breve all’apertura dei cantieri della ri/costruzione del paese e quindi opere pubbliche per le bonifiche dei territori avvelenati, opere pubbliche per la messa in sicurezza e la costruzione di nuovi stabili della scuola, l’impulso con nuovi fondi, ma anche nuove intelligenze per la ricerca pura e di quella applicata con il coinvolgimento dei settori industriali risanati e poi la sanità, l’ambiente, il coinvolgimento delle realtà locali in materia di nuove infrastrutture invasive, la soluzione del grande problema dei migranti a cominciare dalla cittadinanza a chi nasce in questo paese fino al problema dei dannati della terra ossia coloro che spinti dalla fame e dalle persecuzioni nelle loro terre vedono in quelle dell’Europa “la terra promessa”. Un corollario di decisioni  insomma che crei immediatamente lavoro, lavoro ed ancora lavoro.

Certo “il banana” non è che rispetto a Renzi possa avere una vita più semplice. Alla luce di quanto ha fatto nei 20 anni della sua carriera politica non si sbaglia se si afferma che egli sia un immediatista, uno che sa che al domani non c’è certezza, tuttavia è stato il tipo che con i suoi illimitati mezzi è stato capace come lo è tuttora di trovare quasi sempre la risposta per il suo elettorato e quindi di rimettersi in sella e continuare.

Non sono in grado per esempio di capire come i “consigliori” del “banana” affronterebbero l’unione bancaria europea resasi necessaria per la crisi del debito sovrano in Eurolandia e il contagio che esso ha prodotto nei confronti delle banche. In breve per ripatrimonializzare l’intero sistema bancario europeo è stato calcolato che necessitino qualcosa come 280 miliardi di euro di extra capitale. Quanti ne necessitano per il sistema bancario italiano ? E da dove dovrebbero essere attinti se non dal bilancio dello Stato che attualmente gode di uno stato di salute pessimo e con un deficit che supera il 130% del Pil per un valore stimabile in oltre 2050 miliardi di euro. Consiglierebbero l’uscita dall’euro  ? Un suggerimento non campato in aria si badi, tenuto presente che “il banana” nell’autunno del 2011, secondo quanto affermato da Hans-Werner Sinn, presidente dell’Istituto di ricerca congiunturale tedesco, Ifo-Institut, durante il convegno economico “Fuehrungstreffen Wirtschsft 2013” organizzato a Berlino dal quotidiano “Sueddeutsche Zeitung” aveva avviato le trattative in sede europea per uscire dalla moneta unica. Una decisione   che sia in grado però di ben valutare i costi ed esser capace di promuovere le contromisure a cominciare dalla nazionalizzazione del sistema bancario compresa naturalmente quella centrale, così come il blocco della fuga dei capitali e la nazionalizzazione di alcuni settori industriali strategici come l’energia, i trasporti, i telefoni, l’elettricità.

Che fare? (ogni riferimento a Vladimir e quanto hanno fatto a Kiev  gli ultranazionalisti di Svoboda è puramente casuale). è  tempo ed anche con immediatezza di uscire dagli sterili massimalismi teorici  cui fa da contrappunto una sorta di minimalismo pragmatico in assenza di una organizzazione di classe o per lo meno di un’  alternativa anticapitalista e riprendere la pratica dell’organizzazione, perché quello che gira in questo paese è anche jacquerie, ma è jacquerie organizzata con ampi mezzi e di chiaro stampo di destra, vecchio e sempre lo stesso, ma proprio per questo temibile con una nota ulteriormente preoccupante qual è quella della fraternizzazione tra le forze di polizia ed i manifestanti. Nulla di nuovo potrà dire qualcuno ben conoscendo gli orientamenti politici di massima delle forze di polizia, ma così palesemente espressi non era mai capitato di vedere.

Antonio Casolaro - Caserta

Dicembre 2013

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