E se lo meritassimo?
di Antonio Casolaro
Non è facile dar seguito o meglio commentare l’editoriale di
questo mese del Portale del Sud. Come non essere d’accordo e come non
condividere i singoli passaggi dell’ampio documento. Proprio per questo la
prima conclusione, quella come dire che scaturisce d’embleé, di primo
acchito, sarebbe quella di prendere atto della situazione e seraficamente
arguire che stando così le cose: “godetevi” il nano e le sue imprese e
buonanotte al secchio. Anche perché questo paese non è nuovo a scelte
“avventuriste”, tipiche di quelle società dove abbondano i menefreghisti,
gli irrispettosi e gli omertosi.
Od ancora di quei paesi senza memoria o come sarebbe meglio
dire dalla memoria corta.
Il puntiglioso elenco delle “imprese” del “corazziere” di
Arcore, che gli editorialisti hanno ricordato è sintomatico delle amnesie o
della mancanza di concentrazione di cui soffre una larga parte della
cittadinanza, nei confronti della quale spesso si è costretti a ricordare un
percorso più o meno lungo della propria storia politica, al fine di
ricondurla sulla strada della resipiscenza.
Fu così con “l’uomo della provvidenza” di Pio XI lautamente
“risarcito” con il concordato del ’29 ed i cui contanti furono tra l’altro
impiegati nell’acquisto di beni immobili a Londra dove, come ci ha ricordato
di recente il “The Guardian”, nella centralissima New Boond Street e
all’incrocio tra St James’s Square e Pall Mall, sono ospitati a suon di
sterline di sua maestà graziosa Elisabetta il negozio Bulgari e la banca
Altium Capital.
Né va meglio per i nostalgici o meno, che hanno condiviso,
perché così la pensano, come ha detto il venditore di “gondoete”, nonché
panzer-patriot dell’armata lilliput, le parole dell’unto del signore
sul “maestro di Predappio”. Ridurre a peggior colpa del ventennio fascista
il solo fatto delle leggi razziali denuncia la mancanza assoluta del senso
della storia: significa esplicitare una conoscenza per sentito dire, un
ripetere costruito sul passa parola senza aver mai tentano di verificare
nell’ampia bibliografia esistente e che ancora s’integra con nuovi
documenti, diari ed epistolari sui personaggi che attraversarono la ribalta
o le quinte del palcoscenico del periodo in questione. Significa vivere,
interpretare e proporre in modo unidimensionale. Ieri il cinema, la radio,
l’Istituto Luce, piazza Venezia oggi la stampa personale la TV ed i suoi
mille canali, nei quali il “ghe pensi mi” appare in diretta o in differita,
argomentando poco, e nel caso lo faccia la mattina dopo deve correre ai
ripari, rinnegando quanto affermato perché palesemente in contrasto con la
realtà ed il buon senso , ovvero denunciando i magistrati rossi ed i
comunisti. E il popolo prono applaude come in Nerone di Petrolini,
aspettando che Roma bruci.
Nessuno dei tanti che la pensano così ha mai chiesto o letto
su qual’era il livello di efficienza dell’esercito italiano nel 1940?
Nessuno che si fosse chiesto qual’era la capacità economica-finanziaria del
paese dopo la guerra di Abissinia e della spedizione in Spagna? Sulla prima
domanda è noto che non più tardi del 26 Maggio 1940 ossia quindici giorni
prima dell’entrata in guerra, Badoglio dichiarò a Mussolini che l’entrata in
guerra sarebbe stata un suicidio. Suicidio che ben presto si trasformò in
realtà se si pensa che per esempio l’offensiva sulle Alpi iniziata il
21 Giugno 1940 in condizioni di netta superiorità numerica contro un
avversario – la Francia – praticamente già sconfitto, si risolse in una
prova di totale inefficienza e che la guerra alla Grecia, iniziata il 28
ottobre 1940, decisa senza adeguata preparazione e senza alcuna
giustificazione plausibile, atteso che per esempio la Grecia da quattro anni
era governata da una dittatura di stampo fascista quale quella del gen.
Metaxas, e che proprio per questo sarebbe stata propensa a schierarsi con
l’Asse tant’è che aveva assunto una posizione di perfetta neutralità, si
trasformò fin dalle prime battute, proprio perché pianificata ed eseguita
all’insegna della fretta e della totale sottovalutazione del nemico, in un
incubo, specialmente per i fanti costretti ad operare in zone disastrate con
strade pessime e tra forti piogge. Ciò determinò la fine dell’avanzata dopo
appena otto giorni, con perdite ed invalidi conseguenti al gelo che colpì
numerosi militari assolutamente inidonei ad operare a temperature sottozero
con le fasce alle gambe e gli scarponi di cartone.
Sul piano finanziario il bilancio pubblico del paese non
offriva spazi soverchi di spesa, considerato che nel breve volgere di cinque
anni aveva dovuto sopportare uscite straordinarie per far fronte alla guerra
di Abissinia (per la quale pochi sanno che ancora oggi incide per 1,90 lire
al litro sul costo della benzina) ed a quella in Spagna. Ciò trovò conferma
nella decisione assunta nel settembre del 1940 quando gli stati maggiori
italiani smobilitarono, congedando circa 600.000 soldati.
Non è il caso di proseguire. Per chi scrive bastano le
esperienze personali e della propria famiglia per formulare un giudizio sul
ventennio e sul protagonista. Sulle tante testimonianze è ancora valida e,
si conceda il termine, coeva la risposta che l’estremista fascista Vitaliano
Brancati, approdato, dopo l’avventura dei vent’anni e più del regime
mussoliniano, ad un sobrio liberalismo, diede al suo vecchio amico Telesio
Interlandi, il quale nel dopoguerra gli chiese con acrimonia ragione del suo
trasformismo. Lo scrittore di Pachino fornì questa risposta: “Il processo
è semplice. Dopo avere scritto (in buona fede, lo ammetto) quelle cose che
Lei mi cita e mille altre dello stesso tenore che Lei non cita, si entra in
uno stato di perpetua nausea. Non è lo stomaco, non sono i reni, come io
credevo alla fine del 1933, la vera causa di questo malessere: è il pensiero
di se stessi. Finalmente, si vomita. Allora, faticosamente, penosamente, si
comincia a guarire” (in G.Mughini, A via delle Mercede c’era un
razzista, Rizzoli, Milano 1991, p.49-53).
Eppure in presenza di questa storia, con un lettore e
protagonista che legge e recita a modo suo quel periodo, è possibile che
dopo altri vent’anni durante i quali lo sciupafemmine, il gran
gaffeur ha fatto tutto ed il contrario di tutto, possa continuare a
dirigere il paese? Certo che è possibile, perché il paese questo offre e di
questo una buona parte ahinoi può anche accontentarsi.
Il problema unico e principale del nostro è come continuare a
stare a cassetta, per cui tutto quello che può consentirgli il successo
diventa parte del suo programma che proprio per questo viene costruito e si
arricchisce giorno dopo giorno sulla base degli echi di ritorno dei suoi
rilanci. Le tasse sono ed a giusta ragione il golgota dei cittadini siano
essi rentiers, dipendenti, autonomi o pensionati e sulle stesse “ercolino
sempre in piedi” gioca buona parte del suo recupero elettorale. Sa
perfettamente che il debito pubblico che blocca il paese rappresenta un
impedimento insormontabile, salvo che, e questo fino ad ora non l’ha detto,
non suggerisca l’uscita dall’euro, con le conseguenze immaginabili in
termini d’inflazione e svalutazione della nuova lira. Anche il
ridimensionamento della Bce diventa uno slogan nel momento in cui si lascia
intravedere una funzione come la Fed americana della istituzione bancaria
europea. Una Bce come la Fed dovrebbe innanzitutto proporsi in una Europa
intesa come Stati Uniti d’Europa e quindi una realtà politica diversa, con
un governo centrale, con una politica monetaria e difensiva tanto per
cominciare da esso dipendente e comune a tutti i paesi aderenti. E poi cosa
significa trattenere al Nord per lo sviluppo ed il miglioramento dei
territori della cd “Padania” il 75% delle imposte accertate e versate dai
residenti di quei territori? Significa e qui non c’è bisogno dei lumi dei
“Quattromonti” che il principio di solidarietà che bene o male fino ad ora
ha retto il paese vada a farsi benedire, con i prevedibili problemi che da
questa decisione deriverebbero. Sempre in materia di tasse “il
bell’Antonio”, ricordando Brancati, promette l’eliminazione dell’IMU, cosa
giusta ed auspicata dal 150% - siamo in tempi di carnevale – degli italiani.
Proprio sull’IMU per lo meno un minimo di decenza suggerirebbe a commento
dell’introduzione di questa gabella che “il bellissimo” aggiungesse una
tassa ingiusta accettata e votata anche dal Pdl che in quei giorni
evidentemente o era assente o dormiva o non ha capito nulla.
Ed invece forte anche del recupero in atto e soprattutto dei
disastri degli avversari “l’uomo solo al comando” continua e memore
di un altro “superuomo” che negli anni cinquanta disse che avrebbe
trasformato Napoli, fino a farla diventare il giardino d’Europa divenne
prima presidente della squadra di calcio, poi sindaco con una valanga di
voti incentivati anche con l’acquisto del giocatore svedese Hasse Jepson per
la cifra astronomica per quei tempi di 105 milioni, rinnova quei fasti
concludendo il trasferimento da una squadra inglese per 20 milioni di euro
di Mario 3° per la gioia incontenibile dei tifosi del suo club, che a Milano
potrebbero incidere in termini di voti con un +2% rispetto alle rilevazioni
precedenti al neo acquisto.
Al gioco pirotecnico dell’indomito re dei midia, del
superpresidente della squadra rossonera, del superricco, dell’unto del
signore risponde un avversario malridotto.
Un avversario partito con buone intenzioni che nel breve
volgere di un mese ha confermato, ancora una volta, il vecchio detto che se
le vie del signore sono infinite, quelle dell’inferno sono lastricate di
tali intenzioni. Il che vuol dire che il mare aperto della politica dopo
l’89 non ha significato soltanto la fine dei partiti della prima repubblica,
ma anche l’imperativo della nascita di nuove organizzazioni, che a partire
dalla necessità di proporsi come soggetti capaci d’intercettare le
trasformazioni che il mutar dei tempi sul piano storico, sociale e
tecnologico determinavano, fossero in grado di delineare prima e costruire
poi percorsi chiari e rispondenti alla necessità di contrapporsi al tsumani
del liberismo nelle versioni della Teatcher e di Reagan e poi di Bush padre
e Bush figlio fino a Tony Blair e ad Angela Merckel.
Il piccolo cabotaggio non ha pagato né poteva pagare. Il
vivere di rimando ossia rispondere emendando il liberismo non poteva
tutelare e soddisfare il paese. Bisognava capire che il capitale finanziario
è il nemico pubblico e privato numero uno dello sviluppo dell’economia
reale, cioè dell’economia delle cose, del concreto e quindi delle imprese
produttive, della ricerca, della scuola, delle infrastrutture che
specialmente nel nostro paese mancano dalla nascita dell’unita d’Italia. E’
possibile ancora oggi parlare della Salerno-Reggio Calabria (si pensi è
iniziata nel 1963! E’ assurdo!) o delle ferrovie del Sud o dei trasporti
ferroviari locali? E’ possibile dover assistere alla fuga ormai quotidiana
dei giovani talenti o meno dal paese e soprattutto dalle regioni meridionali
alla ricerca di un lavoro, ma anche di un centro dove continuare a studiare
e sviluppare idee e progetti che necessitano per progredire di strumenti e
finanziamenti che il paese nega.
L’alternativa all’uomo più amato d’Italia come la Scavolini
era per le cucine si è trastullata in questi anni con le banche ed i
banchieri, con i poteri forti, che come la vecchia “ferrochina bisleri”
avrebbe rinforzato il suo potere e la sua efficienza, dimenticando che il
mondo del lavoro al quale solo e soltanto deve rispondere e rappresentare è
sempre stato antagonista alla finanza per il semplice motivo che essa nasce
e si sviluppa attingendo a piene mani dal profitto, che fino a prova
contraria dipende dal lavoro umano. A ciò va aggiunto che il personale del
partito che doveva essere delle mani pulite si è scoperto che più o meno è
come quello del “cavaliere”. Ed infatti una serie senza fine d’indagini e
rinvii a giudizio per corruzioni varie ne hanno appannato lo smalto del
quale si fregiava.
E allora è giusto forse domandarsi: come finirà? C’è il
precedente della Sicilia ed i risultati non sono stati stravaganti od
inattesi. Forse il 24/25 febbraio non sarà disertato nella stessa misura che
si è verificata nella meravigliosa isola, anche se un aumento rispetto alle
precedenti certamente ci sarà. Di certo il movimento 5 Stelle conseguirà un
buon successo. La governabilità dipenderà dalle grandi regioni come la
Lombardia, la Campania, il Lazio e la stessa Sicilia sulle quali “lo
sciupafemmine” ha impegnato tutto.
Un'ultima considerazione. Rispetto all’inizio di Gennaio la
differenza tra i due poli si è notevolmente ridotta e non è dato sapere se
finirà. Molto dipenderà dalle indagini in corso della madre di tutti gli
imbrogli e cioè del Mps e di quanta politica partitica coinvolgerà.
E’ lecito pensare che in presenza di responsabilità a tutto
tondo dei “derivati” del partito di via Sant’Andrea delle Fratte, l’italiano
medio in ultima analisi concluderà che l’uno vale l’altro, per cui il paese
potrebbe normalmente meritare l’inquilino di palazzo Grazioli.
Antonio Casolaro - Caserta
3
febbraio 2013 |