Pensiero Meridiano

Chissà poi se gli italiani furono mai fatti

di Antonio Casolaro

È una domanda che mi pongo da parecchio e che si è riproposta leggendo il chiaro ed attuale editoriale del “Portale” di questo mese di settembre 2012.

Ne traggo da esso una ulteriore convinzione, alla quale si aggiunge la constatazione  che  per esempio non v’è traccia di continuità tra i  61 governi che si sono succeduti dal  13 luglio 1946 ad oggi.  Voglio dire con ciò che la sarabanda degli esecutivi conferma l’instabilità politica che ha pervaso e pervade  il paese, prova ne sia  che mai quello che inaugurava la legislatura la portava a termine. Questa anomalia ha significato che gli indirizzi politici ed economici, prerogative dei governi e posti in essere per suggerire, proporre e quindi obbligare a determinate scelte e comportamenti il paese ben difficilmente hanno trovato concretezza, lasciando quasi sempre che i poteri forti ossia le lobbies finanziarie ed industriali, la chiesa, le banche agissero secondo i loro interessi, per cui spesso o quasi sempre questi erano in contrasto con quello generale del paese e quindi dei/delle cittadini/e tutti/e fino al punto di far saltare i governi. Potrei concludere rispetto a ciò che la precarietà prima di diventare la forma dominante del lavoro di oggi è stata la prerogativa permanente del governare del paese.

Mi sono ricordato nell’accingermi o meglio nel tentare di scrivere queste note un classico di Luigi Einaudi – liberale, già governatore della Banca d’Italia e poi secondo Presidente della Repubblica – “Prediche inutili” apparso a dispense nei lontani anni ’50 e nel quale l’autore, consapevole della fragilità del cd “miracolo economico” di quegli anni, cercava di individuare e denunciare le cause profonde della mancanza di solidità degli asseriti progressi, suggerendo i rimedi ritenuti opportuni. Ora al di là della condivisione o meno dei consigli e delle proposte dell’economista piemontese è assoluta a parer mio la convergenza sui temi trattati quali innanzitutto le norme sul buon governo e poi quelli sull’economia, sulla scuola, sulla pubblica amministrazione, sulla legislazione sociale e lust but not least sul finanziamento pubblico ai partiti.  

Va ricordato pure la condotta di vita, il tentativo di introdurre un esempio a chi fosse chiamato a rivestire cariche pubbliche all’onore cioè di rappresentare il popolo, di Enrico De Nicola, colui che giunse discretamente con la sua auto privata, partendo dalla natia Torre del Greco per assumere la più alta carica della Repubblica, che rifiutò lo stipendio previsto per il capo dello Stato, ammontante a 12 milioni di allora al mese e che divenne famoso anche per il suo cappotto rivoltato co-protagonista come si disse più volte in quegli anni di numerosissime occasioni ufficiali.

Ed i personaggi che rivestirono le cariche di ministri e capi di governo che poco avevano a che fare con la Repubblica antifascista come Tambroni che divenne premier il 25 marzo 1960 e che nel luglio del 1956 aveva rivestito la carica di ministro dell’interno, lui che era stato centurione della milizia fascista e che creò il primo servizio segreto del dopoguerra, come ha documentato lo storico dei servizi segreti, Giuseppe De Lutiis.

Hanno ragione eccome gli autori dell’editoriale quando denunciano e sottolineano le differenze tra un salariato tedesco ed uno italiano, chiedendosi i perché e trovandole ahimè nel diverso senso dello stato che pervade per larga parte i cittadini e le cittadine della repubblica federale.

E perché non chiedersi sull’assoluta mancanza innanzitutto di norme cogenti dirette ad intervenire sul come porsi rispetto al territorio in genere, e quindi rispetto all’aria, ai suoli, alle acque, ai fiumi, ai mari ed alle montagne. Invece no perché nel bel paese tutti e tutte hanno fatto quello che volevano alterando ed avvelenando aria, terreni, fiumi, laghi, mari e monti. Proprio per questo arbitrio elevato, a comportamento normale larghi tratti per esempio del territorio delle province di Caserta e Napoli sono oggi discariche a cielo aperto dove è possibile trovarci di tutto dall’amianto alla diossina, dai rifiuti speciali e tossici ai veleni industriali. 

Francesco Rosi alla recente biennale cinematografica di Venezia è stato premiato con il Leone d’oro alla carriera. Per l’occasione è stato proiettato “il caso Mattei” uno dei tanti misteri italiani, tuttavia l’ormai novantenne cineasta per l’occasione mi sembra giusto ricordarlo per un altro suo capolavoro quale fu “Le mani sulla città”: la spietata denuncia della corruzione e della speculazione edilizia dell’Italia degli anni sessanta, ma che continuò sempre anche in quelli successivi per cui scomparve il verde delle colline del Vomero e di Posillipo a Napoli mentre a Milano sorsero come funghi Milano 2 e Milano 3 e così in tutte le città italiane.

Certo qualcuno dopo aver letto il libro di Gian Luigi Nuzzi “Sua Santità” avrà ulteriormente dubitato sulla correttezza di quanto accade al di là del Tevere. Sarà stato pure un “atto criminoso” come lo ha definito il Vaticano la pubblicazione dei documenti, tuttavia sono fatti concreti, i quali stando a quanto dichiarato nell’intervista rilasciata da Paolo Gabriele a Gian Luigi Nuzzi e trasmessa lunedì tre settembre all’Infedele di Gad Lerner non sono stati sottratti per fini di lucro, ma per liberare il Vaticano. Cosa che stando a quanto detto dal Cardinal Martini, recentemente scomparso, nella sua ultima intervista pubblicata dal Corriere della Sera il 1° settembre c.a. provoca attenzione, specialmente se messa in riferimento all’affermazione  che “La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni”.

E allora alla luce di quanto fino ad ora accennato forse gli italiani attendono ancora di essere fatti. I tanti vizi che ancora li (ci) accomunano sono il segno che per buona parte di essi il tempo è scivolato via senza che la maggiore età non sia mai stata raggiunta. Proprio per questo “infantilismo” il paese ha dovuto subire e chissà per quanto tempo ancora subirà gli effetti dell’opera degli apprendisti stregoni, di personaggi volgari più inclini a far parte delle riviste e dei racconti pornografici, di uomini e donne che spesso prendono gli scanni dei vari parlamenti siano essi nazionali, regionali, provinciale o comunali come passerelle mondane per le loro esibizioni. Tutto ciò mentre il paese attende ed i cittadini così educati continuano ad agire al di fuori di ogni regola.

Il caso Ilva di Taranto ne è la prova che va ad aggiungersi all’altra Ilva, poi Italsider, quella di Bagnoli a Napoli il cui territorio dopo la dismissione dello stabilimento siderurgico aspetta ancora di essere bonificato mentre migliaia e migliaia di cittadini vivono forse ancora tra i veleni e così Gela la cui area è una delle più inquinate del mondo e dove, secondo l’Oms (organizzazione mondiale  della sanità), nelle vene degli abitanti scorre anche arsenico, ma anche Porto Marghera definito dal WWF Italia il sito più inquinato d’Italia e poi gli stagni e le lagune della Sardegna e così tante altre città e tanti altri luoghi.

E pensare che la rinascita del “Belpaese” doveva passare attraverso le iniziative del Presidente Operaio che scese in campo ormai son vent’anni per “fare un servizio agli italiani” come lo smantellamento dello stato sociale, le privatizzazioni, la fine di molte regole a tutela del lavoro dipendente.

Al “fieto del miccio” che il grande di Spagna, come racconta Raffaele “il guardaporte”, nella commedia edoardiana “Questi Fantasmi”, aveva subodorato rispetto ad una sua amante che lo tradiva e che tradotto ai giorni nostri ben si addice alle case chiuse od aperte che siano disseminate in mezza Italia, dove insieme agli ozi ed alle burlesque del “ghe pensi mi” si parla e si decide sui destini di un paese mai così diviso,  per concludere andrebbe fatto riferimento alla battuta finale di “Napoli milionaria”, “adda passà ‘a nuttata” con la considerazione aggiuntiva che forse “’a nuttata” non è dato sapere quando finirà se è vero come è vero che uno dei salvatori della Patria, l’ad della Fiat riferendosi ai catastrofici dati delle vendite di agosto ha detto di temere “che la luce in fondo al tunnel sia quella di un treno”. Insomma mi andrebbe di dire che se l’Italia è messa male non ne parliamo degli italiani, i quali comunque continuano ad essere campioni di evasione delle tasse.

Antonio Casolaro - Caserta

4 settembre 2012

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