Interrogati il segretario del banchiere e l’uomo di collegamento con la politica: al leader della Lega
cento milioni di lire
Lodi, un testimone accusa Bossi
“Da Fiorani soldi in contanti”. I pm stringono il cerchio su Telecom
di Luca Fazzo e Marco Mensurati
E ora anche il nome di Umberto Bossi, fondatore della Lega Nord ed ex ministro per le Riforme, entra nei verbali dell'indagine Antonveneta. Ieri, mentre i magistrati delle Procure di Milano e di Roma che conducono le inchieste sul risiko delle scalate bancarie dei mesi scorsi si incontrano, si scambiano informazioni e stendono progetti comuni, in una stanza accanto a quella del vertice viene interrogato di nuovo uno dei collaboratori più stretti di Gianpiero Fiorani, l'ex presidente di Bpl. Ed è nel corso di questo interrogatorio che viene messo nero su bianco l'episodio che fa compiere un nuovo passo avanti alle indagini sulle protezioni politiche di Fiorani e della sua banca.
A Bossi sarebbe stata versata una cifra tutt'altro che astronomica: circa cento milioni di vecchie lire, pagate in contanti. Cifra modesta ma linfa preziosa per le casse della Lega nel periodo in cui il çarroccio - relegato all'opposizione - versava in una crisi di liquidità quasi drammatica. A parlarne ai magistrati è Donato Patrini, il funzionario di Bpl che gestiva una serie di contatti politici per conto di Fiorani.
Nei mesi scorsi, interrogato in gran segreto, Patrini aveva indicato una serie di nomi di beneficiari della generosità della banca lodigiana: dai deputati Luigi Grillo e Ivo Tarolli, al sottosegretario alle Riforme Aldo Brancher (Forza Italia), fino al ministro per le Riforme Roberto Calderoli, leghista. Che la Lega Nord fosse particolarmente cara a Fiorani lo aveva confermato anche la comparsa, negli ultimi verbali del banchiere in carcere, anche del nome di Giancarlo Giorgetti, segretario della Lega in Lombardia. Nei vecchi verbali di Patrini, il nome di Bossi era rimasto sullo sfondo, citato in qualche passaggio ma non come diretto percettore di finanziamenti. Ieri (11/01/2006, N.d.R.) Patrini viene convocato, interrogato di nuovo: e parla dei soldi per Bassi. In contemporanea, in un'altra stanza, viene interrogato a sorpresa anche il segretario di Fiorani, Rosario Mondani. «Stiamo facendo una serie di controlli incrociati, spiega uno dei pm lasciando la Procura.
Che il tema dei finanziamenti ai politici stia – aldilà dell'understatement ufficiale - abbastanza a cuore alla Procura lo conferma anche la scelta di interrogare d'urgenza Patrini e Mondani in una giornata già densa di altri impegni. Su tutti il summit con i magistrati romani del dopo-Toro. L'incontro - che ha avuto un preambolo cordiale nella notte di lunedì quando i magistrati e investigatori si sono ritrovati a cena - è durato quasi tutta la mattina. Moltissimi gli argomenti trattati: dalle scalate ad Antonveneta e a Bnl fino alle imprese di Ricucci, in particolare la scalata su Rizzoli-Corriere della Sera e gli intrecci di interessi, immobili e quattrini con l'ex presidente di Confcommercio Sergio Billé. Un capitolo a parte, sul quale si è insistito molto, quello della vigilanza di Banca d'Italia.
I timori di uno scontro tra le procure, come voléva un antico schema fisso che negli anni ha visto contrapposti magistrati romani a quelli milanesi, sono stati chiaramente smentiti dalle parole degli stessi pm ancor più che dalla cena della notte precedente: «Ci siamo visti - hanno spiegato un po' tutti i protagonisti dell'incontro - per razionalizzare al massimo il nostro lavoro, ci siamo scambiati punti di vista, idee e documenti». Né sono stati prospettati gli annunciati e temutissimi conflitti di competenza: «Lavoreremo per condurre un'indagine comune».
A differenza di quanto sostenuto da alcune indiscrezioni, magistrati milanesi e romani non avrebbero parlato del filone Telecom dell'inchiesta. Filone per il quale, tuttavia, rimane vivo l'interesse. Nelle prossime settimane gli investigatori tenteranno di ricostruire l'intera vicenda: dalla scalata iniziale della Bell (guidata da quelli che Massimo D'Alema definì «capitani coraggiosi», Colaninno, Gnutti e Consorte) fino alle vicende successive, al proliferare di operazioni sospette che passano da paradisi off-shore fino all'uscita di scena dei raider bresciani e all'arrivo di Tronchetti Provera. Di questi intrecci, quelli emersi sino ad ora - i 48 milioni di euro incassati da Consorte e Sacchetti all'estero - sarebbero solamente una piccola parte.
Tratto da “La Repubblica”, gennaio 2006. |