Bernardo Silvano
(Eboli 1465 ca.-1539?)
Bernardo Silvano, geografo e umanista del XV sec.,
nacque a Eboli intorno al 1465: Il suo nome
risultava praticamente sconosciuto fino al secolo
scorso, perché confuso con quello del portoghese
Bernard de Silva, nato ad Evora in Portogallo, una
città che era già menzionata con quel nome da Plinio
il Vecchio. Una erronea confusione dell'attributo "Eboliensis"
con "Evorensis", dato alla città iberica, si spiega
anche con la fama culturale di Evora, famosa per le
stamperie attive nel XV sec. e per la sua
università, seconda nel tempo solo a quella di
Coimbra. Frettolosi Autori dei secoli scorsi
sovrapponevano spesso nomi e toponimi, identificando
personaggi o località con persone e luoghi lontani
nel tempo e nello spazio, come è accaduto, per
esempio, con Bruttii/Bretii, confondendo i Bruzi
della Calabria con i Breti della Bretagna. Due sono,
fino ad oggi, le opere conosciute di Bernardo
Silvano e da lui stesso firmate: la più antica è un
prezioso codice in quarto pergamenato a colori
contenente le consuete 27 carte tolemaiche e il
planisfero, ed è conservato presso la Biblioteca
Nazionale di Parigi dove arrivò in seguito a una
serie di passaggi dovuti ad avvenimenti bellici e
politici. Questo manoscritto riccamente miniato è
una riedizione della famosa Geografia di Tolomeo,
ritenuto nell'antichità uno tra i più grandi saggi
della storia, dotto in Astronomia, Astrologia e
Geografia, vissuto a cavallo tra la fine del I e il
II secolo d. C. Solo negli ultimi anni della sua
vita Tolomeo scrisse questo importante testo che è
ritenuto la Bibbia degli studi geografici, in cui
profuse ricerche e notizie a lungo messe insieme.
Riscoperto nel mondo occidentale agli inizi del XV
secolo, l'Opera fu tradotta in latino dal fiorentino
Jacopo Angelo de Scarperia. Quando Silvano completò
il suo "Geografia", Colombo e Giovanni Caboto non
avevano ancora fatto le loro scoperte, e il
portoghese non aveva ancora raggiunto l'India. Ma
forse l'Opera dell’ebolitano dovette essere tra
quelle che Colombo avidamente ricercava e di cui si
nutriva, per sviluppare e sostenere il suo pensiero;
e poté essere particolarmente importante, se per la
prima volta vi si trovano raffigurate latitudini e
longitudini, disposte su un ampio piano in cui
trovano la loro disposizione le terre conosciute,
dalle isole identificate come le Canarie, fino al
Baltico e all'Estremo Oriente.
La
Biblioteca Nazionale di Francia conserva una copia
dell'Opera chiamata anche Parisinus Latino 10764.
Copia considerata un tesoro prezioso, un piccolo e
singolare capolavoro di solo 267 x 145 mm.,
comprendente belle immagini allegoriche che
rappresentano la geografia dei tre Continenti allora
conosciuti. Rispetto agli altri Tolomei si presenta
diverso perché le mappe dell’Africa non seguono le
mappe dell’Europa ma quelle dell’Asia,
diversificandosi da tutti gli altri testi; le
tavole, con colori vivaci, si presentono con belle
inquadrature che mettono in risalto l’eccellenza
raggiunta dall’arte napoletana. Un lavoro in grado
di confermare e consolidare la fama che l'Opera di
Tolomeo ha conosciuto nei sec. XV e XVI, seguendo il
successo enorme già conseguito nell'antichità, prima
sotto forma di manoscritto (l’Astronomia di Tolomeo
col titolo arabo di "Almagesto" nell’Occidente era
conosciuta sin dal XII sec., perché tradotta in
Latino dall’umanista Gerardo da Cremona); poi nelle
vesti stampate. Dopo la sua pubblicazione, l’opera
acquisì rinomanza internazionale, la stessa che
ebbero i personaggi che ne furono ispiratori e
sostenitori della pubblicazione. Sovvenzionò infatti
l’opera tolemaica il Duca di Atri, Matteo Andrea
Acquaviva; vero uomo del Rinascimento, un altro
soldato coraggioso e grande intellettuale alla
stregua di Federico da Montefeltro; un uomo che
avrebbe contribuito alla valorizzazione di Eboli e
dei suoi feudi, delle potenzialità umane locali, già
profonde nel campo dell'arte e del diritto.
Rifiutando di seguire la moda italiana di quel tempo
che favoriva artisti di studi fiorentini (chiamati
da tutti i grandi signori rinascimentali) Matteo
volle commissionare il lavoro ad un Artista di un
centro considerato periferico, quale Bernardo
Silvano da Eboli, pieno di idee e capacità nel
disegnare e reinterpretare le mappe della Terra;
idee e capacità che avrebbero avuto in quel felice
periodo, i conterranei fratelli Gaurico, esperti di
grido nell'interpretare e studiare le mappe del
cielo. Andrea Matteo III d’Acquaviva è stato un
figlio perfetto del Rinascimento, studioso, mecenate
e uomo di gusto raffinato, come testimonia il nostro
piccolo Tolomeo. Bibliografo di grande cultura,
politico di buon senso, egli volle un atlante facile
da guardare e da consultare, che avrebbe potuto
richiamare nella sua Corte studiosi e viaggiatori,
producendo così non solo uno tra i migliori testi
realizzati al di fuori delle botteghe fiorentine; ma
anche un lavoro che avrebbe costituito un'opera di
propaganda, destinata a far conoscere ed apprezzare
le capacità, la ricchezza e le possibilità possedute
e messe a disposizione da uno tra i più grandi
signori del Regno. Qui tutto è fatto a mano, tutto
appare ammirevole, e la firma in calce del Silvano
si ritrova alla quarta mappa dell'Africa, dove si
legge: "ex officina Bernardi Ebolite anno 1490";
mentre ancora sulla prima mappa dell’Africa si
leggono impresse nelle due colonnine le sue iniziali
B e S. Com'era giusto, e com'era necessario per gli
intenti politici della committenza, Silvano dedicò
il suo lavoro ai signori Andrea Matteo Acquaviva,
terzo duca di Atri, e alla sua prima moglie,
Isabella Piccolomini. Nome glorioso, quest'ultimo,
destinato naturalmente ad avocare uno tra i più
grandi Papi e geni dell'umanità: quel Pio II
scrittore celebre nel mondo, e ideatore del Palazzo
di Pienza come centro propulsore politico e
spirituale di quella città ideale, vagheggiata come
modello architettonico di ideale politico. E mentre
la prima mappa rappresenta il mappamondo senza
nessun titolo, sul frontone si imprimono le armi del
Duca, di quest'uomo che conosceva sapeva il greco,
che aveva tradotto Plutarco in latino, e che si
serviva di una stamperia personale per produrre e
diffondere le sue opere e la vasta produzione degli
‘ingegni’ che frequentavano il suo famoso cenacolo.
Le sue collezioni purtroppo furono presumibilmente
in parte confiscate e altre disperse durante le
rappresaglie ordinate da Ferdinando I d'Aragona a
spese dei baroni che si erano ribellarono contro di
lui. Così, il volumetto probabilmente entrò a far
parte della grande raccolta libraria dei re
aragonesi di Napoli, in seguito lo si trova nella
biblioteca di Carlo VIII (1495), per finire nella
costruenda Biblioteca Reale di Blois sotto Luigi XII,
al nr. 1518 del catalogo di quella raccolta. Nel
1544 con tutto il materiale che componeva le
collezioni reali, il libro fu trasferito alla
Biblioteca Reale di Fontainebleau; il suo girovagare
fini sotto il regno di Francesco I trovando la sua
ultima dimora nella Biblioteca Nazionale di Francia.
Oggi questo codice è considerato la copia più rara
esistente della Geografia di Tolomeo, come affermò
Henry Harrisse (1829 -1910) nel 1900. Oltre alle
mappe il manoscritto comprende belle immagini
allegoriche che rappresentano la geografia dei tre
Continenti allora conosciuti. Le mappe, si
presentono con belle inquadrature, dai colori
vivaci, visualizzati con sontuose inquadrature
ricordano lo stile di due artisti: un anonimo
Maestro attivo nella bottega romana di Gaspare da
Padova e Bartolomeo Sanvito, autore delle allegorie
dei continenti e delle carte geografiche; e
Cristoforo Majorana, autore dell’allegoria della
Geografia e del ritratto a figura intera del
Tolomeo. Gaspare da Padova e Bartolomeo Sanvito
furono raccomandati all’Acquaviva da Andrea Mantegna
come "familiares continui commensales" di Francesco
Gonzaga da Mantova: due nomi che evocano il meglio
del mondo rinascimentale e che confermano la
levatura dell'ambiente culturale con cui erano in
contatto l'Acquaviva e Silvano. La prima allegoria
dei Continenti si presenta su due cornici. Nella
pagina di sinistra è mostrata Europa rapita sulle
acque dal toro sotto le cui sembianze si nasconde
Zeus, ed è raffigurato Nettuno con dei mostri nel
mare; nella pagina a destra, il Continente asiatico
appare con il ricordo delle sue grandezze sotto
forma di una città con antiche rovine mentre un
gruppo di donne trasportano cesti di fiori. Autore
delle allegorie è il collaboratore anonimo di
Cristoforo Majorana. Dopo la decima ed ultima tavola
dell’Europa e la prima tavola dell’Asia troviamo
l’allegoria a doppia pagina dipinta dal Majorana che
raffigura a sinistra un personaggio femminile in
sella ad un coccodrillo (anche il dio egizio
Harpokrate era raffigurato mentre cavalcava il
coccodrillo) con una frusta in mano, davanti a un
paesaggio fluviale; sulla pagina a destra il fiume
Indo, raffigurato come un vecchio sdraiato, che
tiene in mano un vaso da cui scorre il fiume con
cinque bocche e nell’altra mano un bastone (papiro).
Dopo le dodici tavole dell’Asia, l’allegoria
rappresenta l’Africa sempre dipinta su due pagine:
una donna su un elefante porta in mano una palma su
cui si muovono serpenti. Il contiene paesaggio leoni
e struzzi. Perseo nel cielo impugna la testa
insanguinata di Medusa e il gigante Atlante porta
sulle spalle la sfera celeste su cui compaiono i
segni zodiacali.
L’altra edizione dell'Opera venne pubblicata da
Silvano a Venezia nel 1511, nella tipografia di
Giacomo Peuci di Lecco; è in latino, impressa in
bianco e nero, e si avvale della prefazione del
poeta romagnolo Aurelio Augurelli, uomo di
vastissima cultura appassionato studioso di opere
geografiche. Per l'occasione egli compose
trentasette versi nei quali invitava i futuri
lettori ad avvicinarsi benevolmente all’opera,
anche nel caso in cui vi avesse riscontrato errori,
ed esortandoli a ringraziare Silvano per essere
stato il primo ad intraprendere una nuova strada in
una materia cosi difficile che altri non avevano mai
avuto il coraggio di percorrere. Infatti
l’ebolitano, con l’edizione veneziana aprì un
capitolo nuovo nella storia dell'opera Tolomaica.
Ben conosciuti erano già gli errori di un'opera
ritenuta quasi infallibile come quella tolemaica, su
cui la fantastoria avrebbe poi edificato costruzioni
quasi romanzesche. E la possibilità che gli errori
avessero riempito questo fondamento della cultura
antica, viene scaricata dalle spalle dell'astronomo
e geografo alessandrino, su quelle dei suoi
interpreti, specialmente i più recenti. Per questo
motivo, la stampa ripropone solo le 27 carte
attribuite dalla tradizione a Tolomeo, limitandosi
ad adattarle alle cornici delle carte nautiche,
delle quali prende anche il sistema della
colorazione. Per la prima volta le carte sono
stampate su entrambe le facciate dei fogli,
aggiungendo un mappamondo cordiforme che rappresenta
le terre ignote a Tolomeo. Silvano dedica ancora una
volta la riedizione della Geografia ad Andrea Matteo
Acquaviva, di cui rinnova la propaganda, e di lui
ricorda affettuosamente i nuovi titoli che sono
venuti ad arricchire la corona di virtù: duca
d’Atri, principe di Teramo, conte di Conversano,
duca di Eboli (quest’ultimo titolo lo acquisì
sposandosi in seconde nozze nel 1509, insieme a
Caterina della Ratta e poi diventando il suo unico
erede alla morte di lei, avvenuta nel 1511). Nella
dedica si legge infatti: "Bernardus Silvanus
Eboliensis: ad Illustrissimum Andream Mattheum
Acquaevivum Adriae Ducem et cetera: ac Eboli Dominum
suum colendissimum". E nel ringraziare il suo
mecenate così continua nello scritto, in segno di
gratitudine: "… Non perché mio principe possessore
di tanti feudi, non per il nome che porti e per le
ricchezze possedute, perché ti occupi di
letteratura, poesia e ti diletti di Geografia. Un
principe è grande per la virtù d’animo e
d’intelletto: tutto questo coltivasti, divenendo
illustre non solo per vastità di dominio, ma per
aver superato molti letterati; sia lungi ogni
sospetto di adulazione. Quest’opera è dovuta a te
che pazientemente mi esortasti, stimolando il mio
ingegno, ed è giusto che sia tu a raccoglierne i
frutti …" . Inoltre, in essa troviamo una carta
geografica (la quarta Tav. dell’Africa) in cui si
nota un’incisione in legno raffigurante un
pappagallo con il becco e la coda stampati in rosso.
Si
ritiene che sia stata usata per la prima volta la
tecnica di dividere una figura animata in due legni
per tirarla in due colori sia sul verso e sul recto
dei singoli fogli. Scrive, in proposito, un’insigne
studiosa, la professoressa Angela Codazzi: "Bernardo
Silvano da Eboli, al quale si deve questa singolare
edizione di Tolomeo, constatata la discrepanza fra
le tavole tolemaiche e i dati desumibili dalle
navigazioni moderne, ritenne di correggere quelle,
costringendole entro la cornice delle carte
nautiche”. Alle ventisette carte tradizionali
occorre aggiungerne, secondo il Silvano, solo una,
per delineare le terre ignote al tempo di Tolomeo;
questa viene presentata, come detto, in proiezione
cordiforme (…)” La serietà scientifica e
l'aggiornamento del suo lavoro sono manifestati dal
disegno del lembo orientale dell’Asia che ha nella
figurazione cartografica lo stesso significato che
nella prosa hanno i puntini sospensivi". Nella
dedica Silvano afferma di aver rivisto il testo
essendosi accorto delle diversità dei vari esemplari
venutigli fra le mani ricordando l’aiuto
fondamentale avuto nel suo lavoro dagli amici
Pandolfo Cimano e Giovanni Cotta e, continua nel
dire nella sua presentazione. "(…)Abbiamo voluto
inoltre aggiungere di nostro la raffigurazione
dell’intera terra abitabile, con l’indicazione di
tutti quei luoghi rinvenuti a seguito delle recenti
navigazioni che sono a noi noti. Ti accorgeresti che
questa immagine non differisce in alcun modo dal
disegno del mondo di Tolomeo. Tuttavia abbiam fatto
che in quest’ultimo sono assenti le località
sconosciute allo stesso Tolomeo (…) tuttavia abbiam
fatto ciò mossi da questa ragione, perché quanti
hanno posto sotto accusa Tolomeo si rendano conto di
venire smentiti nella loro accusa, poiché le
descrizioni tolemaiche sono conformi a quelle dei
portolani del nostro tempo e al vero, fatta
eccezione delle antiche cifre, che sono andate
smarrite". Molte notizie su Bernardo Silvano le
fornisce il grande umanista Roberto Coenalis che lo
menziona nella sua Opera pubblicata a Parigi nel
1557. Dall’Ortelio, nel 1570, fu incluso nell’elenco
dei cartografi e geografi nel volume “Theatrum Orbis
Terrarum, Antwerp, MDLXX”. È poi ricordato da
Harriss nella Biblioteca Americana Vetustissima, New
York 1886. La Curcio Editore gli diede un giusto
omaggio, nella pubblicazione: Grande Atlante
Internazionale, allegando una tavola a colori del
suo mappamondo, nel I° fascicolo con su impresso
Bernardo Silvano da Eboli: Mappamondo moderno, 1511,
con il commento, sul retro, della professoressa
Angela Codazzi.
Fonti e Bibliografia
essenziale:
1)
Biblioteca Nazionale di Francia, mappe e piani di
Dipartimento, GE DD-1008 (RES).
2)
“Bernardo Silvano y su obra cartografica” Simonetta
Conti Segunda Universidad de Napoles.
a)
G. Brancaccio, in ‘Geografia, cartografia e storia
del mezzogiorno’, Guida editore, 1991, pp.125-127,
324. - b) Almagià in ‘Studi storici di cartografia
napoletana, pp. - 589-590-591; 910; - c) G.
Guglielmi-Zazo in ‘Bernardo Silvano e la sua
edizione della Geografia di Tolomeo, in Rivista
Geografica Italiana, 1925, pp. 207-216. - d) La
geographie du Moyen Age vol. II pp. 151, 156. - e)
Blessich, La geografie alla corte aragonese pp. 41,
47. - f) Antiche carte geografiche 1 Bernardo
Silvano da Eboli “Mappamondo moderno” (1511),
Armando Curcio Editore.
Mariano Pastore. ©riproduzione riservata
Giovanni Aurelio Augurelli
(traduzione dal latino di Carmelo Currò)
Se avventuroso qui
compi il primo ingresso
lettor, per caso, e
poi t'avvedi in esso mutazioni
quel che ora ti sembra
sconosciuto: i siti,
o le figure o
l'ordine, nel tuo primiero scorrere,
e l'insieme dei numeri
o le aggiunte,
per cui il mondo
gradualmente ha tempi,
quei che gli esperti e
i saggi han calcolato;
e prima che si
ritirino le vele,
chiedo che tu
comprenda solamente
la diligenza
dell'Autore. Ei diede all'opra
per primo servizio
alla parola; e il senso insieme
produsse agli
scriventi. Poi, perché salvi facesse,
disponeva per tutti
navigazione uguale,
e compose dei
naviganti le tabelle
e i numeri redasse con
infinita cura;
questo infine curò,
più che le frasi:
quel che lui stesso
negli esemplar trovati
dei Latini e dei Greci
rinvenuti
e massime le
divergenti posizioni
che i naviganti e i
viaggiatori sanno,
cercando ciò ch'è
giusto e ciò ch'è sano:
E lo stesso candor
degli usi antichi.
Soppesa prima quel
ch'è onesto o quel ch'è falso; non siesi prigionier
per legge ria: così
tanto lavoro, da te
più degna riceva lode
e non ingiuria
ed a Silvano la venia
concedete,
ché intraprese le
strade mai percorse:
per quel che resta ti
raccomando questo:
ché l'opera sovrasta i
tanti luoghi da emendar giustamente (poi noi stessi
riteniam
non sian pochi) ad onor delle Regole,
quelle che nelle
remote sfere stan celate.
Infine, che parli
d'altrui l'industria
e poi guardiamo tutto:
che tu taci o che parli
ugual t'avvedi , e
giudice sarai
dell'eleganza di
cotale lavoro.