Il Beato Antonio è ricordato in due stampe del
diciassettesimo secolo con didascalia che ne ricorda
la sua santità:
P. Mag. Antonius Romani de Ebolo Ord. Min. Conv. Vir,
simplex, rectus, humilis, et Virginitatis perpetuae
cultor eximius, qui prope Ebolum Ecclesiam Virgini
dicatam frequenter visitans, ibi varijs Deiparare
apparitionibus, et Avium hinc inde concurentium,
illumq. iugi, suaviq. Concetu comitantium, divinitus
recreabatur. Prophetiae dono fuit illustris, et diem
sui obitiis Populo, ad quem conciones habebat, longe
ande praedixit. Obijt Roscini in Regno Neapolit
magna sanctitas, et miraculorum fama die 30 Martij
1527 quem Scriptores Minoritae Beati nomine
illustrant.
Padre Maestro
Antonio Romano da Eboli, dell’ordine dei Minori
Conventuali. Uomo semplice, giusto, umile, e
straordinario esempio di castità per tutta la vita,
che visitando frequentemente la chiesa consacrata
alla Vergine, qui si entusiasmava divinamente per le
numerose apparizioni della Madre di Dio e per gli
uccelli che volavano intorno a lui e lo
accompagnavano con un canto continuo e piacevole. Fu
famoso per il dono della profezia e predisse il
giorno della sua morte molto tempo prima al popolo
presso il quale predicava. Morì a Roscigno nel Regno
di Napoli in grande fama di santità e di miracoli il
giorno 30 marzo 1527; gli scrittori lo ricordano con
il titolo di Beato Minorita.
Nicola Romano nasce a Eboli nel 1471 suo padre
Giovanni, governatore della città Agropoli in
principato Citra e da Caterina De Ligorio entrambi
appartenenti a famiglie nobili e facoltose
ebolitane, si racconta che fin dalla sua tenera età
si dedicasse alla penitenza e a quindici anni vestì
l’abito dei Minori conventuali di frate Francesco
facendosi chiamare appena indossato l’abito
francescano frate Antonio e, in breve diventò una
perfetta anima piena di ogni virtù, nutrendosi solo
di preghiere, di pane e acqua e in vita non “mirò
mai donna, camminando a piedi nudi tutta la vita,
conservando sempre intatto il giglio della
verginità”. Predisse molte cose future avendo il
dono della profezia, in una predica avvenuta il 24
Marzo del 1527, era la vigilia dell’Annunciazione
della Beata Vergine Maria o del Signore nella
commemorazione, leggendo e spiegando ai fedeli il
Vangelo secondo Luca, preannunziò dall’altare che
sarebbe morto il 30 marzo dell’anno in corso (1527),
nell’età del suo cinquantaseiesimo compleanno. Fu
beatificato da Sua Santità Paolo V venendo iscritto
nel ruolo di Beato nel 1604. Nell’orazione
s’infiammava e sembrava che tutt’ intorno a lui
ardesse lo splendore divino, fu portatore di carità,
di purità e verginità operandosi nell’espandere
intorno a sé il Vangelo. Con voce soave rendeva
docili gli uomini e le donne di facili costumi. Si
racconta che tanto era il suo desiderio di stare
solo con la Madre di Dio che spesso si allontanava
dal suo monastero di San Pietro Apostolo recandosi
alla chiesa di Santa Maria del Castello alla
montagna che si trovava sui monti ad est di Eboli
confinando con la vicina città di Campagna. Difatti
il poeta ebolitano Gherardo degli Angeli gli dedicò
un bel sonetto facendolo recapitare al sig. Berniero
Romano che apparteneva alla stessa famiglia che così
si titola e si recita:
Loda in onore del Beato ANTONIO ROMANO DA EBOLI Min.
Convent.
a BERNIERO ROMANO della stessa Famiglia.
Io pien di riverenza ascesi al colle,
Che amò nel tempo, in cui valor fioriva,
Quel sacro Spirto, onde la patria riva,
BERNIERO, e la tua gente al ciel si estolle.
Quì sparger lumi d’innocenza e’ volle,
Quì dell’Olimpo la potente Diva
Tesori occulti, e sommo ben gli apriva,
Quì feo di sangue il suol vermiglio, e molle.
O montagnetta illustre, o picciol Tempio,
O fruttuosi ulivi, o valli, o fonti,
Che dolcezza in voi fu vederlo ir solo;
Mentre gli augei sciogliendo il canto, e ‘l volo,
All’uom d’ogni virtude intero esempio
Facean corona amorosetti
e pronti!
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Da manoscritti in
possesso della famiglia di Nicola Antonio Palmieri
della città di Roscigno (sa) si può arguire, che il
corpo di Antonio Romano si conservò per molto tempo
intatto, fu sepolto nell’antica chiesa di Roscigno
denominata Il Cappellone. Sul Bollettino
religioso La buona parola redatto a Roscigno
scrive il cronista che sul tumolo del Beato spesso
furono notati dei fenomeni straordinari. Tutto
questo è confermato dal Martirologio e croniche dei
Padri Minori Conventuali e da scrittori che si
interessano di cose francescane (Minoriti).
Padre Antonio Romano rese l’anima a Dio e alla
Madonna, che tanto aveva adorato, il 30 Marzo del
1527, si racconta che nella camera dove fu posto il
suo corpo ormai senza vita una luce celestiale ne
invase l’area.
Come accennato
all’inizio del mio scritto, il Beato Antonio, al
secolo Nicola Romano, apparteneva ad una famiglia
nobile ebolitana di origini remotissime, aveva il
suo palazzo che si specchiava nella piazza di
Portadogana a destra aveva la cappella di S. Anna di
sua proprietà sul portale vi era lo stemma
gentilizio artisticamente scolpito con su un braccio
ed una mano che stringe tre spighe di grano. Da una
antica pietra in via Ceffato non più esistente,
perché trafugata nella metà del diciottesimo secolo,
si poteva leggere il motto della famiglia: “A Roma
triticum duco” mentre sotto lo stemma nobiliare si
leggeva il seguente motto: “Copia et Fortitudo decor
eius”. Questa nobile famiglia possedeva una cappella
sotto il titolo di Santa Filomena nella chiesa di
Santa Maria delle Grazie, aveva un altare
privilegiato con sepoltura gentilizia sotto il
titolo di Santo Antonio nella omonima chiesa
dell’antico convento dei Zoccolanti,
nella chiesa di San Francesco d’Assisi aveva diritto
di sepoltura dove fino al secondo conflitto mondiale
su di una lasta marmorea si leggeva:
VID
CAN JVLIVS ROMANO
HOC GENTILI[CI]VM SIBI
SVISQVE HEREDIBVS ET SVCCESSORIBVS STATVIT
IN ANNO MDXXX
ET VETVSTATE COLLAPSVM
ANTONIVS ROMANO DE EBVLO HERES EIVS
ET SVCCESSOR RESTAV[RAV]IT IN ANNO 1776.
ESPERTO DI DIRITTO CIVILE ED ECCLESIASTICO,
IL CANONICO GIULIO ROMANO
QUESTA LAPIDE GENTILIZIA PER SÉ
E PER I SUOI EREDI E SUCCESSORI FECE ERIGERE
NELL’ANNO 1530.
CROLLATA PER L’AZIONE DEL TEMPO,
ANTONIO ROMANO DA EBOLI, SUO EREDE
E SUCCESSORE, LA FECE
RESTAURARE NELL’ANNO 1776.
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In questa famiglia
fiorirono molti ingegni dando alla collettività,
notai, giuristi, religiosi tra i quali un Giulio
seppellito nel 1501 in S. Francesco, un Domenico
famoso componente dell’Accademia dell’Arcadia sotto
il nome di Testoride Armiense, Antonio uno studioso
grecista, latinista e archeologo che ebbe il merito
di aver risolto il problema del primo approccio alla
traduzione della pietra eburina posta sotto la
statua equestre di Flavio Silvano patrono del
municipio romano di Eburum del 72 d.c.
Note:
Le stampe del Beato Romano con didascalie sono
dell’archivio “Storia e Arte mapa39” di Mariano
Pastore, acquistate dalla libreria antiquaria
“REGINA” di Napoli nel 1978.
Lo stemma nobiliare della famiglia Romano é tratta
da un disegno dello stemmario delle famiglie nobili
della città di Eboli del Prof. Cosimo Longobardi in
Eboli tra cronaca e storia.
Bibliografia: