Il movimento di colonizzazione greca, nella Sicilia del
VIII sec. a.C., investì, in primo luogo, la costa
orientale dell’Isola; prima ad essere fondata, da coloni
calcidesi, fu Nasso, 763 a.C.; l’anno successivo Archias,
della stirpe degli Eraclidi, partito da Corinto, fondò
Siracusa. Negli anni seguenti altre colonie o subcolonie
sorsero sulla costa meridionale della Sicilia, la più
occidentale fu Selinunte, le più potenti Gela ed
Agrigento.
Sulla costa tirrenica, importantissime per la loro
posizione furono Zancle (Messina) e la sua subcolonia
Himera, quest’ultima, la più occidentale sul litorale
settentrionale, prossima a Solunto, costituiva un
avamposto per controllare le colonie cartaginesi e
assieme a Zancle, controllava il traffico commerciale
cumano lungo lo Stretto e la costa tirrenica.
Una volta stanziatesi in Sicilia le varie stirpi
elleniche dovettero fare i conti con le popolazioni
preesistenti: i Siculi che occupavano la zona orientale
dell’Isola, i Sicani nella zona centrale, gli Elimi
raccolti a Erix e Segesta ed i Fenici attestati a Mozia,
Panormo e Solunto.
Il rapporto tra queste genti e gli Elleni fu un rapporto
conflittuale, come molto spesso conflittuale fu il
rapporto tra le stesse poleis greche di Sicilia. Nel
caso di Himera, anche se la causa occasionale della
battaglia del 480 a.C. fu data dalla cacciata del
tiranno di Himera Terillo ad opera di Terone, tiranno di
Agrigento, le cause che portarono alla distruzione della
città e al massacro dei suoi abitanti vanno rintracciate
indietro nel tempo.
|
Le colonie greche in
Sicilia |
Cause remote
In Grecia, nel VII sec. a.C., le lotte politico –sociali
che accompagnarono la caduta delle aristocrazie,
succedute alle antiche monarchie, avevano dato luogo
alla figura del tiranno. In genere si trattava di un
nobile che si metteva a capo delle classi umili e
oppresse. Le prime tirannidi in Grecia sorsero nel VII
sec a.C.; nella prima metà del VI sec a.C., fecero la
loro comparsa anche in Sicilia, qui il primo tiranno
sembra sia stato Panezio di Leontini; tra i più noti
Ippocrate, tiranno di Gela, che aveva preso il potere
nel 498 a.C. e formato uno stato, a danno di Greci e dei
Siculi, che stringeva da ogni parte Siracusa. Il suo
vasto dominio si estendeva dalla costa occidentale a
quella nord–orientale della Sicilia. Nell’area Etnea
aveva assediato: Callipoli, Nasso, Leontini, Zancle, e
infine dopo aver attaccato e sconfitto Siracusa sull’Eloro
si era accampato sotto la città; solo l’intervento di
Corinto e Corcira convinsero Ippocrate a togliere
l’assedio ricevendo in cambio Camarina.
Anche Himera, con Terillo, conobbe la tirannide; fondata
da Zancle, nel VII sec.a.C. sorgeva sulla costa
tirrenica della Sicilia, in prossimità dell’odierna
Termini Imerese.
|
L'area di espansione di
Siracusa |
La sua fondazione rispondeva a vitali
esigenze dei Calcidesi dello Stretto; in primo luogo
essa costituiva un avamposto per controllare quella zona
in cui si addensava la presenza punica (Solunto, colonia
punica, era infatti a pochissima distanza da Himera), in
secondo luogo aveva la funzione di alleggerire la
pressione commerciale sullo Stretto, in breve Himera
costituiva un emporio, uno sbocco commerciale sul
Tirreno per le poleis che site sulla costa meridionale
dell’Isola potevano raggiungere la costa tirrenica
attraverso vie fluviali. Con Himera, Zancle, che già
aveva fondato a sua difesa Mylae (Milazzo) poteva fare
concorrenza ai siracusani e ai cartaginesi. Questo
intreccio di concorrenze ed interessi commerciali
coinvolse tutte le città siceliote, anche Agrigento che,
non potendo vincere né sulla costa meridionale la
concorrenza di Selinunte, né l’ostilità cartaginese
sulla rotta africana e nemmeno quella di Siracusa sullo
stretto fu costretta a cercare un punto di riferimento
per i suoi commerci sul Tirreno, senza dire che gli
acragantini potevano facilmente raggiungere Himera
attraverso le valli dei due fiumi l’Himera e il Salso.
Il coinvolgimento di Akragas nella guerra contro
Cartagine aveva infatti lo scopo di assicurare alla
polis un emporio sul Tirreno, necessità vitale come
dimostrerà il tentativo di Terone di impadronirsi di
Himera.
Nel momento della battaglia di Himera del 480 a.C.,
tiranno di Siracusa era Gelone, di Agrigento Terone., Il
primo, il cui impegno fu concentrato nell’area di
tradizionale competenza siracusana, trasferì il suo
centro di potere da Gela a Siracusa, dopo aver affidato
Gela al fratello Ierone, Il secondo Terone della
famiglia degli Emmenidi, nel 488 aveva ottenuto il
governo di Agrigento aveva dato vita ad una politica di
espansione territoriale, estendendo l’area acragantina a
sud verso Selinunte e Gela, a nord verso Himera, si era
legato in amicizia con Gelone tiranno di Siracusa a cui
aveva dato in sposa sua figlia, e di cui divenne
alleato.
I tiranni di Sicilia, in genere seguirono una coerente e
coraggiosa politica di espansione territoriale,
estendendo l’area di pertinenza della propria polis ed
esercitandovi un efficiente controllo. Preoccupante era
l’espansionismo di Siracusa il cui territorio confinava
da una parte con quello di Camarina dall’altra con
quello di Gela. Ciò significava che tutta la zona sud
–orientale della Sicilia delimitata dalla linea Siracusa-Acre–Camarina non poté sottrarsi all’espansione
siracusana. Anche Eloro e Ina, piccole città della costa
caddero sotto la sua influenza e Nasso con la fondazione
di Leontini, nella zona interna della costa orientale,
aveva inteso opporre un ostacolo all’espansione
siracusana. Questi soggetti macroterritoriali
preoccupavano sia le altre poleis, che temevano di
esserne fagocitate, sia i cartaginesi che vedevano
rischi per i loro commerci e per il loro territorio, né
erano viste di buon occhio dal vastissimo impero
persiano che con Serse, dopo aver marciato contro la
Grecia per colpire coloro che avevano sostenuto i
ribelli dell’Ionia, mirava al controllo di tutto il
Mediterraneo orientale.
Situazione alla vigilia del conflitto
La situazione divenne ancora più tesa quando Anassila,
signore di Reggio, legato in amicizia con Terillo di
Himera, occupò Zancle, a questo punto Terone, alleato di
Gelone, a cui aveva dato in sposa la figlia, fu
costretto ad intervenire per sottrarre quel centro alla
sfera di ingerenza punica e dei filofenici. Terone
cacciò da Himera Terillo, questi si rifugiò a Reggio,
presso Anassila che chiese subito aiuto ai Cartaginesi.
|
Anassila signore di
Reggio" |
Questo stato di cose favorì il re persiano che,
approfittando della tensione che attraversava tutte le
città siceliote, pensò di stringere un patto con i
cartaginesi che da quelle città si sentivano minacciate.
Scrive Diodoro Siculo: “(Serse) desiderando di
destabilizzare il mondo grecò, inviò un’ambasciata ai
Cartaginesi al fine di promuovere con loro un accordo
nei termini seguenti : egli sarebbe intervenuto
militarmente contro i Greci, mentre i Cartaginesi
avrebbero approntato, nello stesso tempo un poderoso
esercito per debellare i Greci residenti in Sicilia e in
Italia” (Diodoro XII, 1, 4). L’accordo fu
sottoscritto e lo scontro avvenne ad Himera nel 480 a.C.
Anche a questo proposito ci rimane una pagina di Diodoro,
in cui si descrive come Amilcare si prepara alla guerra
contro i greci di Sicilia: “I Cartaginesi, infatti, i
quali avevano concertato con i Persiani di debellare nel
medesimo tempo i Greci residenti in Sicilia, fecero
grandiosi preparativi per far fronte alle necessità di
guerra. Come tutto fu pronto, scelsero come generale
Amilcare: preferirono cioè l’uomo che godeva della loro
più grande ammirazione”.
La battaglia
Amilcare, assunto il comando delle ingenti forze navali
e di terra, salpò da Cartagine con un esercito forte di
non meno di trecentomila uomini e con una flotta che
contava più di 200 navi da guerra e più di 3 mila
imbarcazioni, senza contare le numerose navi da carico
destinate al trasporto vettovaglie. Durante la
traversata del mare Libico fu sorpreso da una tempesta e
perse le imbarcazioni che trasportavano i cavalli e i
carri “…..Quando giunse in Sicilia (Amilcare) e
approdò al porto di Panormo, ebbe a dichiarare di avere
già condotto a termine la guerra: aveva temuto, infatti,
che il mare potesse risparmiare ai Sicelioti i pericoli
di una guerra. Impiegò tre giorni perché i suoi soldati
si riprendessero e per riparare i danni provocati dal
naufragio, quindi si mosse col suo esercito verso Himera,
mentre la flotta appoggiava la sua azione rasentando la
costa. Quando giunse nei pressi della suddetta città,
egli pose due accampamenti, l’uno per l’esercito di
terra, l’altro per gli equipaggi delle navi. Tirate in
secco le navi da guerra, le chiuse con un profondo
fossato e con una palizzata, fortificando l’accampamento
dell’esercito, che collocò di fronte alla città e che si
estendeva dal muro costruito a difesa della flotta fino
alle colline sovrastanti […] occupata tutta la parte
verso Occidente, tolse le vettovaglie dalle navi da
carico, mandò via tutte le imbarcazioni con l’ordine di
portare grano e il resto delle vettovaglie dalla Libia e
dalla Sardegna….” (Diodoro XI).
|
La diposizione dei
campi cartaginese e greco |
Terone fece anche un tentativo di interrompere la
costruzione della palizzata, voluta da Amilcare, tra il
fiume Torto e la città, ma questi con un gruppo di
soldati riuscì a decimare i Greci mentre tentavano di
rientrare in città, fallito il tentativo l’esercito
akragantino venne preso dallo scoramento, a questo punto
Terone inviò un messaggero a Gelone perché accorresse
subito in loro aiuto. Gelone fu pronto con 5.000 fanti e
5.000 cavalieri, attraversò la Sicilia e giunto ad
Himera dopo aver rincuorato Terone e il suo esercito,
sguinzagliò la cavalleria, rastrellò le bande di
razziatori punici occupati nel bottino e riuscì a fare
100.000 prigionieri. Dopo questo successo, fece aprire
le porte della città per facilitare le sortite dei
soldati.
Mentre Gelone progettava di incendiare le navi che i
cartaginesi avevano tratto a secco, gli venne in aiuto
il caso: un dispaccio, proveniente da Selinunte, caduto
in mano ai siracusani, dava a Gelone l’opportunità di
apprendere l’arrivo, nel giorno che Amilcare aveva
fissato per offrire un sacrificio a Poseidone, di un
contingente di cavalleria cartaginese di rinforzo in
quel settore; il tiranno non si lasciò sfuggire
l’occasione e all’alba di quella data, ordinò ai propri
cavalieri di presentarsi davanti al campo punico, di
entrare e di dar fuoco alle navi. Lo stratagemma
funzionò, i cavalieri di Gelone al sorgere del sole,
cavalcarono verso il campo navale dei cartaginesi,
vennero scambiati per la cavalleria punica e,
penetrarono nel campo, contemporaneamente Gelone, che
aveva fatto piazzare alcune vedette sulle alture
limitrofe perché gli segnalassero l’ingresso della
cavalleria nel campo nemico attaccava col resto
dell’esercito Lo scontro fu violentissimo, sembra che
per prima cosa i cavalieri greci abbiano ucciso Amilcare
mentre altre truppe si precipitavano verso le navi per
incendiarle. I cartaginesi mobilitarono tutte le loro
forze, ma la fanteria greca riuscì ad entrare nel loro
accampamento dove avvenne una grande mischia ed
un’autentica carneficina, all’improvviso l’incendio
delle navi divampò, si diffuse la notizia della morte di
Amilcare, i Greci presero coraggio e, con la speranza
della vittoria, attaccarono con più ardire i nemici che,
disperando ormai della vittoria, si volsero in fuga.
|
Scheletri rinvenuti sul luogo dello
scontro |
Gelone ordinò di non fare prigionieri, di conseguenza i
fuggitivi furono inseguiti, metà dell’esercito punico
rimase sul terreno, altri si asserragliarono nel campo
fortificato della fanteria, dove per mancanza di viveri
si arresero, solo uno sparuto gruppo riuscì a
raggiungere le coste dell’Africa.
|
Gelone |
La pace
I Cartaginesi chiesero la pace, Diodoro (XI, 26)
ricorda che dopo la battaglia: “….quando giunsero
presso di lui (Gelone) da Cartagine, gli ambasciatori,
che erano stati inviati, e che gli chiedevano con le
lacrime agli occhi di trattarli con umanità, concesse
loro la pace, riscosse da loro le spese sostenute per la
guerra, duemila talenti d’argento, e comandò di
costruire due templi nei quali dovevano depositare gli
accordi”, il tempio della Vittoria di Himera è
proprio quello ricordato da Diodoro. Le condizioni di
pace non furono dure, la fama di Gelone saliva alle
stelle. Gelone aveva vinto una splendida battaglia
grazie alla sua abilità strategica. Ancora nel 1700
Montesquieu nel suo “ volume “Lo spirito delle leggi “
Ricorda con queste parole la pace concessa da Gelone.
“Il più bel trattato di pace di cui la storia abbia
parlato è, credo, quello che Gelone concluse con i
Cartaginesi. Egli volle che essi ponessero fine alla
consuetudine di immolare i loro figli. Cosa ammirevole!
Dopo aver sconfitto 300.000 cartaginesi, Gelone esigeva
una condizione che era utile solo a loro, o piuttosto
stipulava a favore del genere umano”.
Il luogo della battaglia
L’antica colonia di Himera, definita da Eschilo: ”Himera
dagli alti dirupi”, sorgeva sulla costa tirrenica della
Sicilia, tra il fiume Torto e l’Himera settentrionale.
La polis aveva una struttura singolare, infatti, dal
lato della costa, una vasta pianura accoglieva quella
che veniva definita “città bassa” dalla quale la “città
alta” era separata da un ripido costone roccioso.
Di recente nuovi scavi archeologici hanno messo in luce
quello che rimane della città bassa e delle
fortificazioni. Sulla scorta di questi rinvenimenti e di
quanto ci rimane dell’opera di Diodoro Siculo è stato
possibile individuare con esattezza i luoghi in cui si
svolse la battaglia del 480 a.C.
|
Buonfornello |
Scrive Diodoro Siculo: "(Amilcare dopo lo sbarco a
Palermo ) si spinse con l’esercito contro Himera e la
flotta lo fiancheggiava navigando. Quando giunse nei
pressi della città, che abbiamo prima citato, vi pose
due accampamenti, uno per l’esercito di terra ed uno per
la forza navale. Tirò a secco tutte le navi da guerra e
le circondò con un profondo fossato e con una palizzata
di legno, fortificò l’accampamento dell’esercito di
terra che aveva sistemato proprio di fronte alla città,
e aveva prolungato dalla trincea navale fino alle
colline sovrastanti”.
Quanto è emerso dai nuovi scavi del 2007 /2008, dà
certezza che, per forza di cose, la flotta cartaginese
doveva occupare il territorio, lungo la costa, prossimo
alla riva orientale del fiume Torto, visto che sul lato
ovest, tra l’accampamento e la colonia, insiste la foce
fluviale.
I due accampamenti dell’esercito punico erano
contigui e arrivavano fino alle colline di fronte
alle mura della città. Il campo cartaginese era
perciò delimitato a nord dalla spiaggia, ad ovest
dal fiume Torto, a Sud dai rilievi collinari, di
conseguenza sul lato est il rapporto con le mura
cittadine era diretto e Amilcare senza ostacoli poté
marciare verso Himera, la battaglia finale avvenne
presso la Piana di Buonfornello ad ovest delle mura.
|
Testa fittile di Athena |
Pindaro
A
Therone, Tiranno di Agrigento vincitore nella corsa
col carro
"... Agrigento
è la meta, e diremo alte
con cuore sincero parole giurate:
non partorì in un secolo questa città
uomo di pensieri premurosi,
di mano munifica verso gli amici
più di Théron. Ma alla lode s'attacca un fastidio
compagno non di giustizia ma frutto d'uomini vili
e bramoso che il molto parlare
avvolga di tenebra le opere belle
dei grandi. Perché - la sabbia sfugge al numero:
e lui, quante gioie donò ad altri
chi potrà mai dire?"
Bibliografia
-
Domenico Musti, “Storia greca”, Laterza, ed.
-
E. Pais, “Storia della Sicilia e della Magna
Grecia”, Milano-Roma, 1935
-
L. Pareti, “Studi siciliani ed italioti”, Firenze,
1914
-
Diodoro Siculo, “Biblioteca Storica”, BUR
-
S. Vassallo, “Indagini in un quartiere della città
bassa di Himera”, AAVV Zurigo 2
-
S. Vassallo, “La battaglia di Himera alla luce degli
scavi nella necropoli occidentale e alle
fortificazioni, in Sicilia Antiqua”, VII 2011
Testo ed
immagini di Rosa Casano Del Puglia. Riproduzione, anche parziale,
vietata.
Pubblicato dal Portale del Sud nel mese di settembre dell'anno 2014 |