Note sull'artista
Anna Pozzuoli afferma, mediante una sapiente lavorazione dei metalli,
trattati come esili membrane che si lasciano permeare dalla luce e dallo
sguardo, una ‘sostenibile’ leggerezza dell’essere. I graffi e le
fenditure che segnano le superfici metalliche non hanno la tragica
evidenza dei cretti di Burri, ma la serena consistenza dei tagli di
Fontana, liriche aperture sulla dimensione dello spirito, che vuole
affrancarsi dal peso della materia e invadere lo spazio, per
ricongiungere l’immanente al trascendente. C’è una voglia di assoluto
nelle opere di Anna Pozzuoli, che intende l’arte come strumento
iniziatico, per evadere dalla mediocrità e dal caos del vivere
quotidiano e per ascendere verso una dimensione superiore, ormai del
tutto libera dai legami con il corpo. Altra componente essenziale delle
sue opere è la luce, che ora si riflette nelle superfici di metallo,
generando un fascio di colori iridescenti, ora penetra nel buio delle
fenditure, come una sonda che rivela profondità inaspettate e dimensioni
ignote. L’intervento pittorico, appena percepibile, è un alone che
asseconda i riflessi del metallo, senza alterarne le qualità. Per
l’artista capuana, infatti, è nella forma che si esprime il significato
dell’opera, mentre la pittura, lungi dall’essere una decorazione o
sovrapposizione di senso, è usata per esaltare le proprietà intrinseche
della materia. [Marco di Mauro]
Tratto da "“Espressioni a confronto”, Museo Minimo, Napoli 15 marzo
al 15 aprile 2009.
L’essenza dell’opera di Anna Pozzuoli è nella sua energia cinetica: le sue sculture ed istallazioni, composte essenzialmente di cavi di ferro, vibrano e mutano nello spazio, animate dal soffio dell’aria e dalla forza di gravità. L’artista è consapevole che arrestare il movimento significa abolire la dimensione temporale, estirpare l’anima, allontanarsi dalla realtà, che è dinamica e in continuo divenire. Una concezione dell’opera che risale ai mobiles di Alexander Calder, primi esperimenti di arte cinetica: “L’important – asseriva il maestro americano – c’est que le mobile attrape le vent. Un mobile, c’est comme un employé de la fourrière. C’est un employé de la fourrière pour le vent.”
Anna Pozzuoli tende ad esplicitare, con un codice linguistico essenziale e moderno, sfere di sentimenti che affiorano dal suo inconscio. L’assenza di volume, conseguita attraverso un uso sapiente del metallo e della luce, esprime la volontà di emanciparsi dalla materia per liberare lo spirito, nella sua eterea purezza. Cifra estetica di Anna Pozzuoli è la spirale, metafora del ripetersi ciclico della vita, lungo un percorso lineare o tortuoso, crescente o decrescente, che idealmente si estende all’infinito. La spirale evoca l’assoluto e al contempo è un segno mistico, arcaico, che richiama i tatuaggi delle culture polinesiane e precolombiane. Una sensibilità ludica, unita al naturale istinto materno, induce l’artista a concepire le sue istallazioni in funzione di un pubblico infantile. Anna Pozzuoli è affascinata dall’idea di montare le sue spirali in un giardino pubblico, dove i bambini possano entrarvi, giocarvi, interagire con le spire di ferro e le girandole azionate dal vento.
[Marco di Mauro]
Tratto da "B-fronte", ricognizione sulla giovane arte campana, 2° appuntamento, mostra "Simboli nella materia" 13 - 19 novembre 2004. |