Non c’è dubbio che quello di Emilio
Angelini è un romanzo di metafore, anzi sono due romanzi che navigano
nel tempo e nello stesso spazio. Il primo attraverso gli occhi e le
orecchie di una ninfa gentile, Eumonia (ninfa dei fiumi e dei laghi
dalle acque leggermente salmastre), pregna di una creatura concepita col
freddo e che gestirà per duemila anni, trascinandosi per il mondo e nel
mondo e alla fine partorirà una bambina, frutto del suo vecchio ventre,
cieca verso le meschinità del mondo. Il secondo attraverso Gerundio,
ammiraglio corsaro, comandante di un vascello senza tempo e del suo
equipaggio indolente e muto che può disporre solo di un sogno riciclato
che alla fine ritorna al mittente. Gerundio figlio di un tempo
distratto, che in virtù del suo nome-ponte, unisce universi mitologici
in cui tutto diventa possibile. Un tempo che sembra eterno ma che in
verità è chiuso, limitato, ristretto. Sempre uguale a se stesso. Spesso
aleggia su tutto un bisogno di reincarnazione. Una reincarnazione che
non c’è perché sono sempre le stesse carni, gli stessi sogni, gli stessi
amori che girano su loro stessi, apparentemente rinnovati ma sempre
uguali.
Un libro da leggere e, soprattutto,
da assorbire.
Fara Misuraca
dicembre 2013
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