Sud Illustre

 

Sant'Alfonso Maria de' Liguori

a cura di Fara Misuraca e Alfonso Grasso

Un Santo per gli uomini del terzo millennio, potremmo scrivere oggi, visto che la suggestione degli anni duemila spinge i più a proiettare la validità delle idee e dei progetti in funzione della loro utilità per il tempo futuro. Infatti, la morale, la religiosità e la spiritualità che Sant'Alfonso de' Liguori volle diffondere nel corso della sua esperienza pastorale si addicono alle esigenze di una umanità sempre più immersa nel sociale e sempre più a rischio di perdere nella dimensione dell'economicismo e dell'efficientismo i suoi parametri etici e spirituali.

Sant'Alfonso fu comunicatore nei modi in cui dovrebbe esserlo ogni predicatore, ogni insegnante, ogni individuo impegnato nel perseguire un fine pedagogico, nel sostenere una causa o un modello di vita. Egli fu sempre attento ad adeguare il proprio linguaggio ai livelli di comprensione e di cultura dei destinatari del suo messaggio e a teorizzare la necessità che gli altri si comportassero allo stesso modo. Le sue opere, oltre cento, pubblicate in ben 54.000 edizioni, in 70 lingue, spaziarono dalla trattatistica teologica e morale alle istruzioni da dare ai predicatori, dalle Regole per l'Ordine dei Redentoristi, da lui fondato, alle Novene, dalla logica alle orazioni per il popolo, dagli scritti dogmatici ai sermoni per le feste religiose.

Alfonso nacque a Marianella (Napoli) il 27 settembre 1696, primo di otto figli di Giuseppe e di Anna Maria Caterina Cavalieri, originaria del brindisino. Il padre, un nobile cavaliere del seggio di Portanova, nonché ufficiale superiore della marina militare, lo affidò, sin da piccolo, a precettori di rango, tra cui, il pittore Francesco Solimena che gli insegnò i rudimenti della sua arte in cui, negli anni a venire, Alfonso diede prova di abilità. All’età di soli dodici anni s'iscrisse all'Università di Napoli e, quattro anni dopo, nel 1713 conseguì il dottorato diritto civile e canonico dopo aver sostenuto un esame col grande filosofo e storico Giambattista Vico, cominciando ad esercitare la professione di avvocato già all'età di sedici anni. Nel 1718 ottenne la nomina a giudice del "Regio portulano" di Napoli. Frequentava la Confraternita dei dottori presso la chiesa dei Girolamini dei filippini e si assunse il compito di visitare i malati del più grande ospedale di Napoli.

La sua decisione di consacrarsi a Dio vide l'opposizione del padre che lo voleva sposo di una lontana parente. Fu ordinato sacerdote il 17 dicembre 1726, all'età di trent'anni e, come risultato di un compromesso con il padre, sempre contrario alla sua scelta, non poté entrare nella congregazione dell'Oratorio di San Filippo Neri, divenendo sacerdote diocesano con residenza nella casa paterna. Chiamava a raccolta i fedeli più umili a cui spiegava il Vangelo con modi semplici davanti alla chiesa di Santa Teresa degli Scalzi. Le riunioni vennero inizialmente ostacolate dalle autorità civili e religiose ma, grazie alla caparbietà del sacerdote e dei fedeli, furono approvate dal cardinale Francesco Pignatelli.

A seguito del terremoto del 1731 che aveva colpito la città di Foggia e che stava provocando l'allontanamento dei fedeli dalla Chiesa si recò, alcuni anni dopo, in Capitanata. Qui, secondo una leggenda devozionale, il 30 novembre mentre predicava nella chiesa di San Giovanni Battista sarebbe stato avvolto da un fascio di luce e sarebbe stato visto levitare da terra davanti a tutta la folla radunata. L'episodio è ricordato nella raffigurazione di una delle vetrate della cattedrale di Foggia ed anche in un quadro conservato nella chiesa dove sarebbe avvenuto l'episodio.

Nel 1732, all'età di 36 anni, lasciò definitivamente Napoli, prima in provincia di Salerno e poi presso l'eremo benedettino di Villa degli Schiavi a Liberi (Caserta), dove fondò la congregazione del Santissimo Redentore. Negli anni successivi Alfonso si dedicò alla stesura di numerose opere ascetiche, dogmatiche, morali ed apologetiche, tra cui la “Theologia moralis” 1753-1755 e “La pratica del confessore” 1755.

Ma non solo di opere scritte fu autore Sant'Alfonso, che nel suo intenso itinerario di formazione e di studi rigorosi ebbe, come abbiamo visto, precettori illustri in vari campi dello scibile e delle arti. Fece ricorso con evidente maestria ad una modalità di comunicazione che oggi non esiteremmo a definire multimediale. Fu autore di rappresentazioni pittoriche, di composizioni poetiche e musicali che egli stesso eseguiva, di canti popolari, il cui stile continuamente si preoccupava di adattare alla sensibilità e alle possibilità di fruizione degli ascoltatori.

L'ampio repertorio delle sue "canzoncine spirituali", scritte per le pratiche di culto, talvolta rimaneggiando volutamente preesistenti motivi popolari, è un documento eloquentissimo per dimostrare la varietà di linguaggi che il Santo seppe usare per trasmettere agli altri il suo impegno d'amore e di preghiera. Famose ed esemplari, tra queste, il celebre canto natalizio “Tu scendi dalle stelle”, scritto e musicato durante una sua missione a Nola e “Quanno nascette Ninno”, versione dialettale, composta (si tramanda) durante la sua permanenza a Deliceto (provincia di Foggia) nel convento della Consolazione [1].

La stessa preghiera era per il Santo una forma di comunicazione che non poteva essere ridotta a parole prive di significato e di tensione emotiva per il popolo, ignorante del latino e del linguaggio aulico. Del resto, anche la pratica della confessione, più che essere un processo di pentimento e di giudizio, era per il Santo uno strumento di conforto che oggi potremmo ben accostare alla moderna pratica psicoterapeutica, dove la possibilità di redenzione scaturiva non tanto dalla somministrazione della penitenza quanto dalla presa di coscienza delle colpe del peccatore. Non a caso egli, nelle sue opere teologiche, si era soffermato sulla rilevanza delle condizioni ambientali e culturali entro le quali matura il peccato per classificarne la gravità.

Nel 1762 papa Clemente XIII lo nominò vescovo della diocesi di Sant'Agata de' Goti, carica che lasciò nel 1775 per problemi di salute. Si trasferì nella casa dei Redentoristi di Nocera de' Pagani (nella parte che oggi fa parte del comune di Pagani), dove rimase fino alla morte, il 1º agosto 1787. Fu beatificato nel 1816 e canonizzato nel 1839.

Sant'Alfonso, rifiutando il rigorismo giansenista, si faceva sostenitore e testimone di una pratica religiosa aperta alla comprensione, alla ragione, al perdono e alla pietà, piuttosto che al timore delle punizioni o alle minacce di anatemi e di scomuniche. La libertà e la ragione dovevano essere alla base della stessa fede, pur capace di elevarsi verso le vette proprie dei mistici e degli asceti. Impegnato a diffondere il suo messaggio di fede e di preghiera in una città come Napoli, dove si conta che all'epoca vi fossero migliaia di schiavi ed una plebe di infima condizione socioeconomica, e avendo scelto per vocazione di estendere la sua missione nell'entroterra meridionale, popolato anch'esso di gente povera, come gli umili pastori e i contadini, egli vide nel riscatto sociale della gente del Sud la condizione pregiudiziale per una emancipazione religiosa e spirituale.

La perfezione, insegnò Sant'Alfonso, che pure fu interprete e maestro di misticismo e di ascetismo, può e deve essere il fine di ogni uomo che, uscendo dalla sua "tiepidezza", deve non solo fare opere buone, ma anche farle per bene: le vie della redenzione, insomma, possono anche non passare per i conventi e per gli altari, poiché possono e devono disseminarsi nelle strade di quella che oggi chiameremmo la società civile, della vita di ogni giorno, dove ogni individuo è impegnato nel suo lavoro e nel rapporto comunitario con i suoi simili.

La perfezione celeste si raggiunge attraverso le vie terrene e, se la tensione morale e religiosa verso la perfezione terrena è condizione per quella celeste, il buon cristiano non può fare a meno di essere buon cittadino e contribuire al riscatto della società in cui vive, utilizzando a fin di bene tutti gli strumenti che essa offre. Il messaggio di Sant'Alfonso è anche un messaggio di impegno civile, senz'altro prezioso per cattolici, laici o credenti in altre fedi religiose, valido ancor più per l'uomo d'oggi e di domani.


Bibliografia

  • Antonio Pisanti, Alfonso Maria de’ Liguori, un Santo per l’era della multimedialità

  • http://it.wikipedia.org/wiki/Alfonso_Maria_de'_Liguori


Note

[1] L’attribuzione ad Alfonso Maria de Liguori di “Tu scendi dalle stelle” è storicamente comprovata e documentata, mentre quella di “Quanno nascette ninno” è voluta dalla tradizione popolare.


Pubblicazione Internet de ilportaledelsud.org, settembre 2013

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