Il bianco della calce e i tetti con pinnacoli rendono quasi fiabesco il paese dei trulli. La tradizione fa risalire la nascita di Alberobello al Quattrocento, e il diffondersi di queste costruzioni sarebbe dovuto a un provvedimento della prima metà del Seicento di Girolamo II di Acquaviva, conte di Coversano, che esentava dalle imposte le abitazioni con copertura a secco.
Ma i trulli hanno sicuramente un’origine molto più antica, e fanno sovvenire i nuraghi sardi e le tombe micenee. Hanno un basamento cubico o cilindrico, la caratteristica copertura conica formata da sottili pietre grigie calcaree disposte a secco in volute concentriche decrescenti. Al vertice è collocato un pinnacolo bianco mentre il cono in pietra è decorato con croci, stelle e simboli arcani e arcaici, di cui si è persa la spiegazione certa. Gli ambienti interni dei trulli, che spesso sono collegati tra loro a formare un'articolata abitazione, sono imbiancato a calce. Le pietre utilizzate venivano recuperate dai campi, che venivano così bonificati.
Intorno a largo Giuseppe Martellotta, nella zona monumentale, si susseguono disposti a schiera più di mille trulli, suddivisi in due rioni, dichiarati monumento nazionale: il rione Monti, adagiato su una collina, e il rione Aia Piccola.
In piazza Sacramento sorge il Trullo Sovrano, unico trullo a due piani, che risale al 700. Sull'arco dell'ingresso, una lunetta rappresenta una scena della Passione. Nei pressi si trova anche il santuario dei Santi Medici Cosma e Damiano, seicentesco.
In piazza Ferdinando IV si può vedere la Casa d'Amore, esempio del passaggio dal trullo alla palazzina, costruita dopo che il re
Ferdinando IV di Borbone aveva dato la possibilità di costruire con malta. In fondo alla salita di via Monte San Michele, nel rione Monti, si trova la chiesa di Sant'Antonio, edificata nel 1926 a forma di trullo.
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