Note sull'artista
[…] Adele Lo Feudo è una narratrice per immagini, con una chiara
vocazione per il racconto. Ha una pittura libera da schemi sintattici e
rappresentativi precostituiti e un’illustrazione corposa accentuata da
molta energia cromatica. Adele Lo Feudo propone in pittura ciò che
ricerca, percepisce, vede, sente nello spazio interno, lacerti e residui
di sogni, di apparizioni, taccuini della memoria. Usa l’arte come banco
di prova, proiezione dei nodi psichici, che come per magia si sciolgono,
si liberano dalle tensioni e trovano risposte alle domande insorgenti
della vita. Dipinge per dare una forma alle sue emozioni. Dipinge per
conoscersi. Dipinge per capire cosa governa la sua filosofia della vita.
Questa sete le ha fatto scoprire che l’amore è il più meraviglioso
strumento iniziatico. Questa visione, comune a tutti i grandi sistemi
esoterici, la ritroviamo nell’alchimia, nel tantrismo, nella kabbala e
nei nostri giorni nel Surrealismo. L’amore esalta la magia
trasformatrice del sentimento e implica l’aspirazione a condividere una
più grande libertà, una giustizia reale, una fratellanza universale.
Adele Lo Feudo nel suo percorso ha evitato ogni forma di dogmatismo, ha
capito che non esiste una verità assoluta. Ha accettato le
contraddizioni dell’esistenza, e anzi, ha saputo trarre forza dalle loro
tensioni.
Mi viene in mente Spinoza per la nozione che “l’amore è letizia e che
la letizia è il passaggio dell’individuo da una minore ad una maggiore
perfezione”, chiarendo che il desiderio “non è altro che la
stessa essenza dell’essere”.
Adele riflette su come l’universo ricostruisce la nostra poetica,
tentando di capire prima se stessa per tentare soltanto dopo di
“cambiare la vita” (Rimbaud).
Adele utilizza l’amore come uno strumento di conoscenza perché è l’unico
sentimento che permette di capire se stessi attraverso la comprensione
dell’altro. Soltanto identificandosi con l’altro, infatti, si può
scoprire la propria doppia natura. Da qui il passo è breve per trovarsi
nel tema del dualismo, in una “dualità non duale” come risultato del
processo d’individuazione, per Jung.
Il tema del doppio è universale, lo si riscontra sia a livello
cosmologico, dove l’essere umano (il microcosmo) è il riflesso
dell’universo (il macrocosmo), sia a livello ontologico, dove nella
Donna è riflessa l’immagine archetipica dell’uomo (l’animus) e
nell’uomo, quello della donna (l’anima). In tempi moderni l’indagine
della psiche ha confermato l’intuizione dell’uomo della preistoria che
già aveva capito che l’essere umano è parte d’un tutto riflesso in se
stesso.
Il risultato del lavoro di Lo Feudo è una rappresentazione doppia
dell’esistere, colma di presenze. Sogno e realtà, materia e spirito, di
questa tensione è fatta tutta l'opera di Lo Feudo; non certo
irrimediabile dicotomia, ma come indistinguibile unità del creato.
Adele affronta ‘Il Doppio che abita in noi’ esplorato da Freud e Jung,
da Rimbaud nell’intuizione: ‘Io sono un altro’, e da Duchamp espressa
nell’epitome del “rinvio speculare”. L’ambizione di Lo Feudo è la stessa
di quella del poeta che ambisce a “sanare il mondo” con una concezione
olistica, perché questa implica una profonda partecipazione alle sorti
dell’umanità, del nostro pianeta, della sua fauna e della sua flora.
Come in un cerchio si ritorna a Spinoza che ha creduto nell’unità
dell’Uno che contiene il Due, quest’unità che abolisce ogni soluzione di
continuità tra la vita e la morte, la donna e l’uomo, lo spirituale e il
materiale, l’amore e l’erotismo.
Parallelismi sono stati fatti tra la visione olistica del Tutto e gli
ultimi sviluppi della fisica quantistica. Nel 1964 il fisico J.S. Bell
pubblicò le prove del suo teorema secondo il quale le particelle
subatomiche sono connesse fra loro in modo che trascende lo spazio e il
tempo così che qualsiasi cosa avvenga a una particella influisce sulle
altre con effetto immediato senza bisogno di tempo per essere trasmesso.
Gli effetti di cui parla Bell rivoluzioneranno il nostro modo di
comunicare e di interagire. Potremmo forse comprendere come i nostri
pensieri e sentimenti (campi energetici) influiscono sulla realtà assai
più di quanto immaginiamo oggi.
Vorrei anche ricordare due artiste: Frida Kahlo e Niki de Saint Phalle
che sono state le sue guru (nel significato sanscrito della parola:
Maestro ispiratore) Frida per l’esternazione del suo Io, nell’ambito di
un surrealismo sperimentato con vigore, una pittura di getto, e da Niki
un input di un Nuoveau Réalisme. Ambiti chiari e forti che l’hanno
portata ad utilizzare nelle sue opere oltre alla divisione netta della
tela anche gli oggetti più disparati e impensabili: piume, decori, viti,
borse, foto, stoffe, cerotti, catene, ferri, molle.
Adele Lo Feudo nasce a Cosenza nel 1967. Pittrice di matrice
surrealista, dopo una Laurea in Giurisprudenza si avvicina alle
discipline artistiche che la appassionano di più diventando Architetto
d’Interni e insegnando per sette anni nel settore del Design. Completa
la sua formazione artistica nel 2009. La sua attività lavorativa si
svolge prevalentemente in Italia. Vasta è la produzione che assorbe
quasi completamente la creatività dell’artista. Vive e lavora a Perugia
Tratto dalla presentazione di Cristina Madini in occasione della mostra
“Adele e Adele”, Roma Galleria RossoCinabro (19-23 settembre 2011) |