Note sull'artista
Abramo Cantiello è affascinato dalla pittura dell'immobile, della quiete, del silenzio, dell'atemporale che si carica simultaneamente di una vaga intensità. Cantiello delinea atmosfere tese, vibranti, in cui l'oggetto acquista una parvenza irreale. Le sue immagini austere, ambigue, ieratiche tendono all'astrazione. L'artista non aspira ad imitare la natura, bensì ne vuole afferrare l'intima essenza per immettersi nei suoi processi creativi.
Le sue nature morte hanno una severa dignità ed una purezza quasi geometrica, esaltata dal sapiente uso della luce, dall'accostamento di colori complementari, dalla nudità e dalla simmetria dello sfondo. Un marcato chiaroscuro esalta il carattere scultoreo della forma, la traduzione dello spazio attraverso l'impianto della scena. Chi contempla Vanitas, una delle nature morte più riuscite, vi può cogliere una vita spettrale soggiacente, che è immobile eppure animata. Le immagini dei fiori appassiti e del teschio di capra esprimono un'alta densità emotiva, uno stato di agitazione e sconforto per la bellezza sfiorita, la vita estinta, la luce sfumata.
In Pensiero verticale, intensa opera del 1995, Cantiello si rappresenta davanti alla tela, con la maglia sudata e il pennello abbandonato sulla sedia. L'inquietudine dell'artista, che sente la sua pittura inadeguata all'espressione delle idee, è avversata da un uomo in abiti orientali, che osserva la tela con interesse. Le due figure volgono gli occhi in direzioni opposte, come a voler sottolineare la divergenza di opinioni tra chi realizza e chi fruisce l'opera d'arte.
Un'altra opera significativa, alla quale l'artista ha lavorato dal 1993 al 2004, è l' Autoritratto con cavallo, in cui la figura umana scompare dietro la possente sagoma dell'animale. Il profilo del cavallo, il cui realismo è pari alla fermezza, si staglia su un ampio paesaggio collinare, trasfigurazione idealizzata della sua terra. Sorprende la gravità statica, la solennità del cavallo, che invade la scena e respinge in secondo piano l'autoritratto dell'artista.
Abramo Cantiello, con una sensibilità metafisica, coglie il flusso dell'immobile guardando la realtà con l'allucinata visione di un mistico e ne restituisce la fisicità con attento controllo tecnico, compositivo ed estetico. L'artista ha elaborato un linguaggio concreto ed icastico, memore di Piero Della Francesca e di Jean Fouquet, in grado di esprimere una sensibilità contemporanea in una forma classica.
Abramo Cantiello è anche un abile ritrattista, che tende a rappresentare l’anima nell’armonia del volto. Nei ritratti che esegue, colpisce lo sguardo intenso, la dignitosa compostezza, la forza espressiva. La meticolosa cura del particolare non esclude una sottile introspezione psicologica, che l’artista attua con sensibile delicatezza e traduce in un linguaggio sincero e intimista.
Marco di Mauro
Tratto dalla presentazione in occasione di "B-fronte", ricognizione sulla giovane arte campana, 1° appuntamento, mostra "Ri-composizione" 6 - 12 novembre 2004. |